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lettere di fra paolo sarpi. 85

sospetti d’intelligenza con Spagnuoli. Io vado credendo che tutte le imprese saranno così fatte.

È necessario che l’indisposizione di monsignor Assellineau sii stata leggiera, perchè l’ho sempre veduto, nè saputo mai che non fosse sano. M’ha detto ora, che per tre giorni non si sentì molto bene.

Sento grandissimo piacere che V. S. sii tanto in amicizia con monsignor Alcaume, sperando poter col mezzo di lei esser insinuato nell’amicizia di quel signore, come la prego a procurare con ogni affetto.

S’intende qui che li principi di Germania si radunino in molti luoghi, ma non si penetra il fondo, perchè noi qua non facciamo alcun conto delle cose di quell’imperio. Ma io le stimo molto. Desidero averne qualche ritratto. So che V. S., per mezzo del signor Bongars, ne saprà la quinta essenza: la prego farmene qualche parte.

Di Roma non abbiamo cosa nuova, se non la prigione di due baroni principali, la quale si terminerà piuttosto in castigo della loro borsa, che della persona. La Repubblica al presente non ha controversia alcuna con quella corte: le cose stanno in profondo silenzio: Dio voglia che siino parimente in oblivione; del che ho qualche dubbio.

Per anco non sappiamo come monsignor di Breves sii grato in quella corte; ma è ben certa cosa che la grazia spagnuola più può che per lo passato, e (per quanto si può congetturare) aumenterà ancora.

Io resto con desiderio di far cosa alcuna che sii grata a V. S., alla quale bacio le mani.

Le dirò (chè mi scordava) che la relazione mi