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lettere di fra paolo sarpi. 71

mala semenza gettata in quest’anno ormai pullulare; e siccome stimo la forza di quei popoli come merita, così riputo il governo pieno d’imperfezioni.

Al principio dei moti austriaci fu da molti sospettato che potesse essere secreta intelligenza tra essi per oppressione di qualche altro. Dopo fu creduto che dovesse tornar in un monacato dell’imperatore. Appresso parve che fusse stimato una congiura di tutta la casa, e di qualche altro principe forastiero, contra la maestà imperiale. Adesso, venendo avviso certo che le cose sono composte, io non so dir altro, se non che noi siamo in un secolo così pacifico, che nissuna causa ha sufficiente di far rompere la guerra: là onde sapeva bene il papa, con che fondamento diceva non esserci cosa che perdere.

Della grande armata ordinata in Spagna e a Napoli1 si parla variamente, volendo alcuni che sia per far impresa in Albania, altri in Africa, altri in Grecia. È certo che porta arme per vinti milia persone, e instromenti per fabricar fortezze. Si può credere, col fondamento suddetto dell’immobilità della pace, che anco questo tanto apparato terminerà in niente.

V. S. mi esorta ad adoperarmi, per la grande opinione concetta di me nelle occasioni passate, le quali le fanno stimare una dramma scarsa per un


  1. Gli attentati della Spagna e della casa d’Austria contro la Repubblica veneta cominciarono (com’è noto) nel 1607, colla pubblicazione del famoso libro intitolato: Squittinio della libertà originaria di Venezia, composto dal marchese di Bedmar. A quella andarono via via seguendo le ostili e armate dimostrazioni di cui si fa cenno in queste lettere.