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fra paolo sarpi. iii

invero grandissimo, del Machiavello e degli umanisti del cinquecento, trasse alimento l’intolleranza politica che all’inquisizione de’ frati si accoppiò, e poi si è venuta modificando anche col mutar nome e tenore di epoca in epoca, ed ha forse impedito più che non si veggia o non si creda l’integro e pieno risorgimento delle nazioni latine. Al punto ove vien meno la scienza del sommo politico fiorentino, si appicca il filo di quella del Sarpi, teologo e canonista. Non meno meraviglioso e stragrande appare il senno del Sarpi ragguagliato ai tempi suoi, che quel di Machiavello in mezzo ai cinquecentisti. Dove si cava dal sistema politico di Machiavello la conseguenza che si abbia la religione come ordine di civiltà a suggettare allo Stato, e dalla sua pieghevolezza a ciò si argomenta della bontà della medesima: il Sarpi considera la religione cristiana per divina e inviolabile nell’essenza sua, e vuole che non faccia nè abbia impedimento dallo Stato, nè si arroghi ed usurpi neppur particella del potere di quello, come lo Stato altresì tenga il simigliante rispetto; d’onde viene la libertà di coscienza e la separazione della Chiesa e dello Stato, come intendono i moderni; ed è tolto al papa, non che ad ogni altro ordine chiesiastico, il poter temporale, vale a dire dello status in statu, che è la formola dell’errore che si contrappone all’altro de’ politici machiavellisti. I Gesuiti e gli altri romaneschi, per ischivare l’evidente verità delle sentenze del Sarpi e de’ sommi canonisti gallicani, sono addotti di forza verso la sen-