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lettere di fra paolo sarpi. 45

darmene pensiero. So che ogni cosa è nella mano divina, e che le potestà umane non vagliono contra quella: alla quale quando piacesse dar tal fine alla mia vita, questo l’averò per indifferente, ma mi tenerò gradito da Dio, attesa la causa per la quale credo sii felicità il finire. Mi riconosco, come V. S. mi raccorda, debitore per li divini beneficii prestatimi in questo particolare, e per quelli che mi dona quotidianamente, pur in tal proposito; e son prontissimo d’adoperarmi in quel quasi niente che vaglio. Ma le occasioni sono smarrite, dirò morte e sepolte; anzi debbo dirlo, perchè solo Dio (per quanto a me pare) può eccitarle: al quale se piacerà così, ho materia accumulata e formata secondo le occasioni.

Son del parere di V. S., non dover restare dal signor Foscarini che non si faccia qualche buon principio, e son più che certo della sua sufficienza: però non convengo in quello che ella teme di mancamento di costì, anzi tengo per fermo che il mancamento sarà da noi tutti. Nè conviene che V. S. faccia di noi giudicio per quello che ci lasciò; perchè, se ritornasse qua, non ci conoscerebbe: tanto siamo mutati.1

La Savoia è un paese pieno di monti, valli e recessi, più che il laberinto di Creta. Chi sarà quello, che senza il filo e altri preparativi vorrà esporsi? Delli Paesi Bassi sono più giorni ch’io reputo non esserci fine di pace, ma solo pretesto, sotto quale sii un secreto trattato di mettere quelle provincie in diffidenza tra loro, facendole scoprire ciascuna li


  1. Sono parole, con l’altre di senso somigliante, assai memorabili, non solo per l’istoria delle Controversie, ma per quella della veneta e già declinante Repubblica.