Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/79


libro settimo - capitolo v


unita con essi loro, non dubitavano col suo avviso poter levar quella tanta licenza, e componer anco col suo aiuto e mezzo le differenzie nate, e nel proceder all’avvenire camminar con tanto decoro, che il mondo ne fosse per ricever altrettanta edificazione, quanto di non buona opinione aveva concetto. Che dei protestanti era troppo nota la mala volontá; e quando si mostrano non alieni dalla concordia, allora appunto s’ha da dubitare che macchinino nove occasioni di maggior discordia. Esser cosa certa che hanno dimandato concilio, pensando che li dovesse esser negato; e nel medesimo tempo che lo richiedevano con ogni sollecitudine, vi mettevano impedimenti; e al presente quelli che sono ridotti in Francfort fanno ogn’opera che non procedi inanzi, e si faticano appresso l’imperatore per interporgli qualche impedimento. Che odiano il nome del concilio non meno che del pontefice; né per il passato se ne sono valuti se non a fine di coprire e scusare la loro apostasia dalla sede apostolica: però non conveniva alcuna speranza della loro conversione, ma attender solo a conservar li buoni cattolici nella fede. Commendarono la pietá e la buona intenzione del re, e narrarono il desiderio del pontefice per la riformazione della Chiesa, e quanto egli aveva operato per reformazione della corte, senza aver risguardo che si diminuissero le proprie entrate; e che al concilio ha sempre scritto instando per la riforma; alla quale essi legati ancora erano grandemente inclinati e disposti, ma venivano impediti per le contenzioni dei prelati che consumavano quasi tutto ’l tempo. Che se in Francia vi era pericolo di perdere l’obedienzia de’ cattolici, quella era materia da trattare con Sua Santitá. Quanto all’imprestito, dissero esser cosí grande la paterna caritá del pontefice verso il re e il regno, che conveniva tenir per certo le condizioni da lui poste nell’imprestito esservi framesse per pura necessitá. Ed essendo passato tra loro vari complementi, conclusero che il lunedí sarebbe andato nella congregazione generale per espor ai padri la cagione della sua venuta, e per legger a loro anco le lettere del re.