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libro settimo - capitolo iii


dette, ma solamente multiplicavano l’ingiurie e maledizioni e invettive contra li costumi presenti. E passate tra loro altre repliche, Granata tutto sdegnato e infocato disse che si rimetteva alle nazioni.

Dopo di questo, fatto e quietato qualche tumulto, degli altri parlarono, ricevendo le cose come erano proposte senza l’aggionta, chi fondati sopra il detto di varmiense, e chi tenendo che solo il papa sia instituito de iure divino; sin che toccò all’arcivescovo di Zara, il qual disse esser necessario aggionger le parole de iure divino per dannar quello che gli eretici dicono in contrario nella confessione augustana. Dove ritornando varmiense a dire che in detta confessione non vi era cosa alcuna dove gli eretici dissentissero in questo, e allegando Zara il luoco e le parole, la contenzione s’allongò tanto, che per quel giorno finí la congregazione.

In quelle delli seguenti furono parimente varie le opinioni. Di singolar vi fu che l’arcivescovo di Braganza fece instanzia per la medesima aggionta, dicendo che non si poteva tralasciare; e si allargò a provar l’instituzione de’ vescovi de iure divino, portando ragioni e argomenti poco differenti da Granata. E passò a dire che il papa non può levar ai vescovi l’autoritá datagli nella loro consecrazione, la qual contiene in sé non solo la potestá dell’ordine, ma della giurisdizione ancora, perché in quella gli è assegnata la plebe da pascere e reggere, e senza quella non è valida l’ordinazione. Di che n’è manifesto indicio che alli vescovi titulari o portativi si assegna tuttavia una cittá, che quando potesse star l’ordine episcopale senza giurisdizione, non sarebbe necessario. Oltra di ciò, nel darli il pastorale, si usa la forma di dire che è un segno della potestá, che se gli dá, di corregger vizi. Quel che piú importa, se gli dá l’anello, dicendo che con quello sposa la Chiesa; e nel darli il libro dell’Evangelio, con che s’imprime il carattere episcopale, si dice che vada a predicar al populo commessogli; e in fine della consecrazione si dice quell’orazione: Deus omnium fidelium pastor et rector (che poi è stata nelli messali appropriata al pontefice romano), con voltarsi a Dio e