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344 l'istoria del concilio tridentino


Ma questi forse non averebbono promosso la difficoltá, quando avessero saputo le cause narrate di sopra, perché si parlò in quella maniera.

Il nono canone diede da dire con quell’affirmativa che Dio non nega il dono della castitá a chi drittamente lo dimanda, parendo contrario all’Evangelio, che rafferma non dato a tutti; e a san Paulo, che non esortò a dimandarlo, il che era piú facile che maritarsi.

Li politici restarono molto sospetti per il dodicesimo anatematismo: che sia eresia tenere che le cause matrimoniali non appartengano a’ giudici ecclesiastici; essendo certo che le leggi dei matrimoni tutte furono fatte dagl’imperatori, e li giudici in quelle cause amministrati dalli magistrati secolari, sin tanto che le leggi romane ebbero vigore; il che la sola lettura delli codici teodosiano e giustiniano e delle Novelle lo demostra evidentemente; e nelle formule di Cassiodoro restano memorie delli termini usati dalli re goti nelle dispense delli gradi proibiti, che allora erano riputate appartenere al governo civile, e non cosí di religione. E a chi ha cognizione dell’istoria è cosa notissima che li ecclesiastici sono entrati a giudicar cause di quella natura, parte per concessione e parte per negligenzia delli príncipi e magistrati.

Ma nel primo ingresso del decreto della riforma del matrimonio molti restarono suspesi, intendendo a difinire come articolo di fede che li matrimoni clandestini erano veri sacramenti, e che la Chiesa li ha sempre detestati; essendo cosa molto contradittoria aver sacramenti detestabili. E l’aver comandato che il parroco interroghi li congiugati e, inteso il loro consenso, dica: «Io vi congiongo in matrimonio in nome del Padre, Figlio e Spirito Santo», era deriso dai critici con dire: o senza queste parole sono congionti, o no; se no, adonque non è vero quello che il concilio fiorentino ha determinato: «il matrimonio recever la perfezione dal consenso»; se sí, che congionzione è quella che il parroco fa di persone giá congionte? E se il «congiongo» fosse interpretato: «dichiaro congionti», si venirebbe ad aprir una porta per concludere che anco le