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244 l'istoria del concilio tridentino


«Misericordia», persuadendo alli padri e al populo di partir di chiesa per non veder un scisma cosí tremendo; e che gridando: «Chi desidera la salute della repubblica cristiana mi segua», partiria di chiesa, con speranza di esser seguito da cadauno. Dal che mossi li legati, deliberarono di far ufficio col conte che si contentasse che la seguente dominica non si tenesse cappella, né si facesse processione secondo il solito. E de tutto diedero avviso al papa.

Si facevano continue congregazioni in casa delli ambasciatori francesi e del spagnolo, il quale ora dava speranza di contentarsi, ora faceva instanza che si dovesse andar in chiesa per eseguir l’ordine del pontefice, dell’incenso e pace. E li ambasciatori francesi erano risoluti di far la protesta e partire; e dicevano apertamente che non protesterebbono contro li legati, per esser meri esecutori, né contra il re di Spagna o il conte suo ambasciatore, perché proseguivano la causa loro, né contra la sede apostolica, la quale erano sempre per onorare, seguendo li vestigi de’ loro maggiori; ma contro la persona del pontefice, dal qual veniva il pregiudicio e l’innovazione, come quello che si era fatto parte e dava causa di scisma, e per altra causa ancora; con appellazione al futuro pontefice legittimamente eletto, e ad un concilio vero e legittimo, minacciando di partire e di celebrar un concilio nazionale. Li prelati e altri francesi a parte dicevano comunemente ad ognuno che li ambasciatori avevano altre proteste contra la persona del pontefice, che si portava per papa, non essendo legittimo per causa di elezione invalida e nulla, per vizio di simonia, accennando particolarmente della polizza quale il cardinale Carafa ebbe dal duca di Fiorenza, con promissione di certa somma de danari (e la quale quel cardinale mandò poi al re cattolico, pretendendo che non potesse esser fatta se non de consenso del pontefice inanzi la sua assonzione), e a quell’altra polizza fatta di mano del papa, allora cardinale in conclave, al cardinale di Napoli, della quale di sopra s’è detto. E il presidente Ferrier preparò un’orazione assai pungente in lingua latina con la protestazione, la qual se ben non fu fatta,