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libro settimo - capitolo xii


trastare insieme per causa della religione; ma viver come fratelli, amici e concittadini.

Questo accordo fu stabilito a’ 12 marzo, non se ne contentando Coligni, il qual diceva che le cose loro non erano in stato di convenir con condizioni cosí disavvantaggiose; che giá nel principio della guerra gli fu proposto di far la pace con l’editto di gennaro; e allora che bisognava ottener maggior avvantaggio, si diminuiva. Il dire che in ogni bailaggio sia un sol luoco per l’esercizio della religione non esser altro che levar il tutto a Dio e dargli una porzione. Ma la comune inclinazione di tutta la nobiltá lo costrinse ad acquietarsi. E sopra le condizioni furono spedite littere regie il dí 19 dell’istesso mese, nelle quali diceva il re: che avendo piaciuto a Dio da qualche anno in qua permetter che il regno fosse afflitto per le sedizioni e tumulti eccitati per causa di religione e scrupoli di conscienzie (per il che s’era venuto alle armi con infinite uccisioni, saccheggiamenti di cittá, ruine di chiese), e continuando il male; avendo esperimentato che la guerra non è rimedio proprio a questa malattia, ha pensato di riunir li suoi sudditi in buona pace, sperando che il tempo e il frutto d’un santo, libero, general o nazional concilio siano per portar qualche stabilimento. E qui erano soggionti li articoli spettanti alle cose della religione, oltra gli altri in materia di stato: le quali lettere furono pubblicate e registrate nella corte di parlamento, e proclamate pubblicamente in Parigi il 27 dell’istesso mese.

Questo successo in concilio dalla maggior parte dei padri era biasmato, li quali dicevano che era un antepor le cose mondane a quelle di Dio, anzi un minare e queste e quelle insieme, perché, levato il fondamento della religione in un stato, è necessario che anco il temporale vada in desolazione. Che se n’era veduto l’esempio per l’editto fatto inanzi, il qual non si tirò dietro quiete e tranquillitá come si sperava, ma una guerra peggiore che per l’inanzi. Ed erano anco tra li prelati di quelli che dicevano il re e tutto il conseglio esser incorsi nelle scomuniche di tante decretali e bolle, per aver