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466 l'istoria del concilio di trento


urgente ii comandamento del pontefice che si venisse a presta ispedizione, che non concedeva che si potesse sodisfar l’imperatore nella prima dimanda; ben costringeva, per sodisfarlo in parte, ad ispedir la materia del calice; e il pontefice, al quale l’imperatore aveva fatto le stesse instanze, scrisse il medesimo a Trento: però nella seguente congregazione Mantoa propose che, conclusa la dottrina del sacrificio, si parlerebbe della comunione del calice. E seguendo li prelati a dir li voti, fu raccordato che la difficoltá se Cristo si offerí non è stata proposta alli teologi da disputare, se ben essi ne hanno parlato accidentalmente; però sarebbe bene proporla e farla disputare professatamente, o vero tralasciarla.

Fu ultimo a parlar in questa materia il general de’ gesuiti; ed egli tutto si estese in questa materia dell’oblazione di Cristo, e consumò una congregazione solo, dove nelle altre parlarono da sette sino a dieci prelati. Avendo ognuno detto il suo voto, con tutto che fosse poco differente il numero di quelli che all’una opinione aderivano, e di quelli che alla contraria, li legati però per instanza efficace di varmiense si risolsero di metter l’oblazione, non però usando la parola di propiziatorio.

In fine della congregazione il Cinquechiese, seguendo la proposizione del Cardinal di Mantoa, fece un’orazione, in quale, commemorati prima gli uffici e fatiche dall’imperatore fatte per servizio della repubblica cristiana e per restituire la puritá cattolica, non solo dopo assonto all’Imperio, ma ancora vivendo Carlo, soggionse che la Maestá sua con esperienza aveva conosciuto le piú gravi contenzioni e querele dei popoli nascere per la proibizione dell’uso del calice; per il che aveva desiderato che se ne trattasse in concilio; onde per commissione di Sua Maestá cesarea esso e gli altri oratori primieramente raccordavano ai padri da considerare che la caritá cristiana ricercava che, per trattenere con la troppa severitá l’osservanza d’un rito, non si lasci d’impedire molti sacrilegi e uccisioni in nobilissime provincie, e di ridur al grembo della Chiesa cattolica molte anime; che è infinito il numero di quelli