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libro sesto - capitolo vii 429


giorno l’ardire delli prelati a dire cose nove, sediziose, senza rispetto, che si doveva chiamar non libertá ma troppa licenza; e li teologi ancora con la longhezza del dire occupano troppo il tempo, contrastando tra loro di niente e passando spesso alle impertinenze; che seguendo cosí non si vederá mai il fine del concilio; e oltra ciò esservi pericolo che il disordine s’aumenti e produca qualche sinistro effetto. Giovan Battista Castello, promotore, che aveva esercitato l’istesso ufficio nella precedente riduzione sotto Giulio, raccordò che il Cardinal Crescenzio soleva, quando li prelati uscivano delle materie proposte, senza rispetto interromperli, e troncar anco il filo del ragionamento, e alli troppo prolissi farglielo abbreviare, e alcune volte imporli anco silenzio; che una o due volte cosí facendo anco al presente, s’abbreviarebbe li affari del concilio e si leverebbe le occasioni di ragionamenti impertinenti. Al cardinale varmiense non piacque questo raccordo: disse che se Crescenzio si governava in quella guisa, non è maraviglia se la Maestá divina non abbia dato buon progresso a quel concilio; che nissuna cosa è piú necessaria ad una sinodo cristiana che la libertá; e leggendo li concili delli migliori tempi si vedono nelli principi di essi contenzioni e discordie, eziandio in presenza dell’imperatori potentissimi in quei tempi, le quali per opera dello Spirito santo in fine tornavano in concordia mirabile: e quello era il miracolo che faceva acquetar il mondo. Eccessive esser state le contenzioni nel niceno concilio, e nell’efesino esorbitantissime; non esser maraviglia che al presente vi siano qualche dispareri maneggiati con modi civili. Chi vorrá per mezzi umani e violenti ovviarli, fará che il mondo, stimando il concilio non libero, li perderá il credito. Esser bene rimetter a Dio, che vuole esso regere li concili e moderar li animi delli congregati in nome suo. Il Cardinal di Mantoa approvò il parer di varmiense e biasmò l’instituto di Crescenzio, soggiongendo che però non era contrario alla libertá del concilio con decreti moderar li abusi, con prescrivere l’ordine del parlare e il tempo, distribuendo a ciascuno la parte sua. Questo fu anco dal varmiense lodato, e restarono che, fatta la sessione, si darebbe ordine a questo.