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348 l'istoria del concilio di trento


e altri curati risedino nelle chiese loro, né si assentino da quelle se non per cause giuste, oneste, necessarie e utili alla Chiesa cattolica.

II. Se sia espediente provvedere che nessun sia ordinato, se non a certo titolo di alcun beneficio, essendosi scoperti molti inganni che nascono dall’ordinare a titolo del patrimonio.

III. Che per l’ordinazione non sia ricevuta alcuna cosa, né dagli ordinatori, né da loro ministri o notari.

IV. Se si debba conceder alli prelati che nelle chiese dove non sono distribuzioni quotidiane, o vero per la loro tenuitá non sono stimate, possino convertir in distribuzioni alcuna delle prebende.

V. Se le parrocchie grandi, che hanno bisogno di piú sacerdoti, debbino aver anco piú titoli.

VI. Se i benefici curati piccioli, che non hanno sufficiente entrata per il vivere del sacerdote, si debbiano riformare facendo di piú uno.

VII. Che provvisione s’ha a fare circa li curati ignoranti o viziosi: se sia ispediente darli coadiutori o vicari idonei, con assegnazione di parte delle entrate del beneficio.

Vili. Se si deve conceder all’ordinario di transferir nelle chiese matrici le cappelle rovinate, che per povertá non si possono reedificare.

IX. Se si deve conceder all’ordinario che visiti li benefici andati in commenda, se ben sono regolari.

X. Se si devono irritare li matrimoni clandestini che all’avvenire saranno contratti.

XI. Che condizioni si debbino assignare, acciò il matrimonio non sia clandestino, ma contratto in faccia della Chiesa.

XII. Che provvisione si debbe far intorno li grandi abusi che causano li questuanti.

Appresso di questi fu dato alli teologi l’infrascritto punto da studiare, per doverlo discutere in una congregazione propria per questo: «Se, sí come Evaristo e il concilio lateranense hanno dechiarato che li matrimoni fatti in occulto non siano reputati validi nel fòro e quanto alla Chiesa, cosí il concilio