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libro quinto - capitolo viii 305


idiote; e benché nel colloquio contra la vera religione alcuna cosa non sia resolta, nondimeno ha dato baldanza alli eretici ed ha attristato li buoni: dicendo altri che pubblico servizio sarebbe spesso trattare quelle controversie, perché cosí le parti si familierizzerebbono insieme, cessarebbono gli odi e gli altri cattivi affetti e s’aprirebbono molte congionture per trovar modo di concordia, non vi essendo altra via di rimediare al mal radicato; perché, divisa la corte, e adoperata la religione per pretesto, non era possibile per altra via rimediare che, deposte le ostinazioni, tollerando gli uni gli altri, levar di mano agl’inquieti e turbatori quel mantello con che coprono le male operazioni.

Il pontefice, ricevuto avviso che il colloquio era dissoluto senza effetto, sentí molto piacere, e commendò il cardinale di Lorena, e maggiormente quello di Tornon. Li piacque molto il zelo del gesuita; diceva potersi comparare agli antichi santi, avendo senza rispetto del re e principi sostenuta la causa di Dio e rinfacciata la regina in propria presenza: per il contrario riprendeva l’arenga del cancelliero come eretica in molte parti, minacciando anco di farlo citar all’inquisizione. La corte ancora, appresso quale l’arenga su detta si era divulgata, parlava molto mal di quel soggetto, e congetturava che tutto il governo di quel regno avesse l’istessa disposizione verso Roma; e l’ambasciator francese aveva che fare a defendersi.

Non è da tralasciare quello che al cardinale di Ferrara avvenne, come cosa molto connessa alla materia di che scrivo. Quel prelato nei primi congressi fu raccolto dal re e dalla regina con molto onore; e presentate le lettere pontificie di credenza, fu riconosciuto per legato della sede apostolica dalla Maestá regia e dalli prelati e clero. Ma il parlamento, avendo presentito che tra le commissioni dategli dal pontefice una era di far instanzia che fossero revocati o moderati almanco li capitoli accordati nelli Stati di Orliens il gennaio

precedente, spettanti alla distribuzione de’ benefici, ma particolarmente quello dove era proibito di pagar le annate a Roma


Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii

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