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libro quinto - capitolo iv 257


Germania usavano la comunione del calice tutti quelli che volevano, e non v’era chi impedisse li preti nel ministrarlo.

Risoluto dunque il pontefice per tutti li suddetti rispetti di far quel gran passo, a’ 3 di giugno chiamò li ambasciatori dell’imperatore, di Spagna, Portogallo, Polonia, Venezia e Fiorenza; quali ridotti tutti inanzi a Sua Santitá, eccetto quel de Polonia per esser infermo, si dolse prima il pontefice di non aver potuto chiamar il francese, per timore che in sua presenzia non nascessero contenzioni di precedenzia, la qual era causa d’impedir il beneficio pubblico di consegliar le cose comuni della cristianitá: ma che essendo quelli due re parenti, bisognava bene che si risolvessero d’accomodarla, e quietarsi per bene della repubblica cristiana, e delli regni loro specialmente. Passò poi a dire la causa perché li aveva congregati essere la congregazione del concilio, la qual egli certo voleva metter ad effetto, levando tutte le difficoltá che potriano metter a campo li prencipi per loro interessi; che lo voleva in Trento, il qual luoco essendo piaciuto due volte, non potrá esser al presente negato da alcuno, non essendo novo luoco, né finito il concilio celebrato in quella cittá da Paulo e Giulio, ma sospeso. Per il che, levando via la sospensione, il concilio è aperto come era prima; massime che, essendo fatte in quel luoco molte buone determinazioni, saria male metterle in disputa con l’apparenzia di far un novo concilio. Aggionse che bisognava far presto, perché ogni dí si andava peggiorando, come si vedeva in Francia, dove trattano di far un concilio nazionale; il che egli non vuole né può comportare, perché l’istesso vorrebbe far Germania e ogni provincia; che di ciò darebbe ordine alli nonci suoi all’imperatore, in Francia e al re cattolico, che ne trattassero con quelle Maestá. Ma aveva giudicato far l’istessa intimazione a tutti essi, acciò spedissero ciascuno alli loro principi: perché se ben poteva da sé venir a questa risoluzione ed esecuzione, nondimeno li pareva conveniente farlo con saputa dei principi, acciò potessero raccordare qualche cosa di comun beneficio e per riforma

della Chiesa, e mandar al concilio ambasciatori, e favorirlo


Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii 17