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libro quinto - capitolo iv 251


nanza de’ prelati non averebbe fatto alcun buon effetto, anzi causato maggior divisione; che aveva giá proposto il concilio generale, unico rimedio; il difetto che sino allora non fosse ridotto, da loro nasceva, che non lo volevano; con tutto ciò egli era risoluto celebrarlo, se bene da niuno era richiesto; ma adunanza de prelati non voleva acconsentire in modo alcuno né in Francia né in altra parte; che mai ciò era stato dalla sede apostolica sopportato; che se ogni principe celebrasse concili da sé, seguirebbe una confusione e separazione dalla Chiesa. Si querelò poi gravissimamente che prima il convento fosse intimato e poi fosse ricercato il suo consenso, cosa che non si poteva interpretare se non con poco rispetto al capo della Chiesa, al quale conviene riferire tutte le cose ecclesiastiche, non per darli conto del fatto, ma per ricevere da lui l’autoritá di farle. Che li editti pubblicati introducevano una manifesta apostasia dalla sede apostolica in quel regno; alla quale volendo ovviare, averebbe per noncio espresso fatta intendere la sua volontá al re.

Destinò per tanto in Francia il vescovo di Viterbo, con instruzione di mostrare al re che il concilio nazionale di quel regno sarebbe una specie di scisma dalla Chiesa universale, darebbe cattivo esempio alle altre nazioni, farebbe insuperbir li prelati del regno e assumersi maggior autoritá con diminuzione della regia; esser noto a tutti con quanto ardore desiderino la restituzione della Prammatica, la quale al primo principio vorrebbono introdurre, onde il re perderebbe tutta la collazione delli regali e la presentazione delli vescovati e abbazie. Da che poi ne seguirebbe che li prelati, non riconoscendo alcuna sua grandezza dal re, li sarebbono contumaci; e con tutti questi mali non si provvederebbe a quelli che sono urgenti. Perché giá li eretici professano di aver li prelati in nessun conto, e ogni cosa che da loro fosse operata sarebbe, se non per altro, per questo solo dalli ministri protestanti oppugnata. Che il vero rimedio è fare che li prelati e altri curati vadino alle residenze e custodiscano li greggi loro, opponendosi alla rabbia delli lupi, e che la giustizia proceda