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libro quinto - capitolo iii 239


deposte tutte le speranze che l’avevano sino allora sostenuto, morí il 18 agosto, non raccomandando altro alli cardinali salvo che l’ufficio dell’inquisizione, unico mezzo, come diceva, di conservar la Chiesa, esortando tutti a metter li loro spiriti per stabilirlo bene in Italia e dovunque si potesse.

Morto il pontefice, anzi spirante ancora, per l’odio concepito dal populo e plebe romana contra lui e tutta casa sua nacquero cosí gran tumulti in Roma, che li cardinali ebbero a pensar molto piú a quelli, come prossimi e urgenti, che alli comuni a tutta la cristianitá. Andò la cittá in sedizione; fu troncata la testa alla statua del papa e tirata per la cittá; furono rotte le pregioni pubbliche e liberati piú di quattrocento carcerati ritenuti in quelle; e al luoco dell’inquisizione, che a Ripetta era, andati, non solo estrassero li pregioni, ma posero fuoco in quello, e abbruggiarono tutti li processi e scritture che vi si guardavano, e poco mancò che il convento della Minerva, dove li frati soprastanti a quell’ufficio abitavano, non fosse dal populo abbruggiato. Giá ancora vivendo il papa, il collegio de’ cardinali aveva richiamato il Carafa; e dopo la morte, nella prima congregazione che li cardinali tennero, fu liberato dal castello il Cardinal Morone impregionato, che era stato vicino ad esser sentenziato per eretico. Vi fu gran difficoltá se poteva aver voto nell’elezione, opponendosi quelli che lo tenevano per contrario; ma in fine fu dechiarato che intervenisse. Furono costretti li cardinali a consentire che le insegne di casa Carafa per tutta Roma fossero stracciate, le mobili, e demolite le stabili.

Ridotti poi nel conclavi il 5 settembre, otto giorni dopo il legittimo tempo, trattenuti dagl’inconvenienti, composero li capitoli che secondo il costume da tutti sono giurati, a fine di dar qualche ordine al governo, tutto sconcertato per li modi troppo severi tenuti da Paulo. Doi ne furono spettanti alla materia di che trattiamo: l’uno, che la differenza con l’imperatore, come pericolosa di far perder quel rimanente di Germania che restava, fosse sopita, ed egli riconosciuto per imperatore; l’altro, che per la necessitá della Francia e della