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210 | l'istoria del concilio di trento |
il matrimonio de’ preti, la comunione sub utraque e il mangiar
carne ogni giorno, protestando che altrimente non pagarebbono
gravezze né contribuzioni contra turchi. Il qual, vedendo che
Ferdinando suo suocero aveva concesso a’ suoi la comunione
del calice, per aver esso ancora aiuti di denari da loro, li
concesse che potessero usar la comunione del calice e mangiar
carne per necessitá nei giorni proibiti, sin che le cose della
religione fossero accordate con pubblica autoritá, restando
nondimeno in vigore li editti fatti da lui in materia della religione; protestando con molte e ampie parole di non voler
partirsi dalla Chiesa e dalla religione de’ suoi maggiori, né
mutar nelle ceremonie cosa alcuna senza la volontá del pontefice e dell’imperatore; promettendo di far opera che il metropolitano e vescovi suoi approvino questa concessione e
non diano molestia ad alcuno per queste cause. Il Palatinato
tutto abbracciò la confessione augustana, per esser morto l’elettore e successo il nepote, il quale era dechiarato di quella
confessione giá molti anni, per quale anco aveva molte persecuzioni patito. Egli, gionto al principato, immediate proibí
le messe e ceremonie romane per tutto il suo principato.
Ma il pontefice, fatti li fondamenti di sopra narrati, voltato alle cose spirituali, giudicò che era necessario acquistare credito appresso il mondo; il che non si poteva, se prima non si fosse veduta in fatti, e non in parole, riformata la corte di Roma. Per il che, tutto intento a questo, nel fine di gennaro del 1556 eresse una congregazione, dove erano ventiquattro cardinali, quarantacinque prelati e altre persone, le piú litterate della corte, al numero di cencinquanta, e li divise in tre classi, in ciascuna de quali erano otto cardinali, quindici prelati e altri al numero di cinquanta. A questi diede a discutere dubbi tutti nella materia della simonia, li quali mise in stampa, e ne mandò copia a tutti li principi; e diceva averli pubblicati cosí, acciò pervenissero a notizia di tutte le universitá e studi generali e d’ogni uomo litterato, e avessero occasione tutti di far sapere il parer loro, quale egli non aveva voluto richiedere apertamente, per non esser dignitá di quella