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144 | l'istoria del concilio di trento |
a campo piú materia che fosse possibile delli dogmi per far
piú buoni effetti; l’uno, desperar li luterani di poter trovar
modo di concordia se non sottomettendosi affatto, e interessar anco maggiormente li prelati contra di loro; far che
questi occupati non avessero tempo di pensar alla materia di
riforma; e dar anco presta espedizione al concilio, capo importantissimo, essendo sempre in pericolo di qualche inconveniente
mentre dura. E quando si vedesse costretto a dar loro qualche
sodisfazione per ampliar l’autoritá episcopale, condescendesse,
stando però indietro quanto fosse possibile; perché quando ben
si concedesse alcuna cosa pregiudiciale alla corte, come alquante erano concesse sino allora, restando l’autoritá pontificale intiera, restava insieme modo di ritornar facilmente le
cose allo stato di prima.
Essendo le cose in questi termini, venne il 25 novembre, giorno destinato per la sessione. In quello si congregarono li padri, e col solito ordine s’incamminarono alla chiesa, dove, compite le ceremonie, dal vescovo celebrante fu letta la dottrina della fede, li anatematismi e il decreto della riforma. De’ quali avendo recitato giá il tenore, altro non resta dire. E finalmente fu letto l’ultimo decreto per dar ordine alla sessione futura; nel qual si diceva che, essendo quella giá stabilita per li 25 gennaro, in essa si doverá insieme con la materia del sacrificio della messa trattar ancora del sacramento dell’ordine. Cosi volle che fosse prononciato il legato, seguendo il parer del papa che fosse ben metter in tavola assai materie de dogmi. Finita la sessione, usò diligenza il legato che li decreti di essa non fossero stampati, e fu osservato il suo ordine a Ripa, dove la stampa era e gli altri si solevano stampare: ma non si potè tenere che molte copie non uscissero di Trento; onde furono stampati in Germania; e la difficoltá e la dilazione di uscir in luce eccitò maggiormente la curiositá e la diligenza alli critici di far esamine piú esatto per indagar la causa della procurata secretezza.
Gran materia di discorso diede quello che nel primo capo della dottrina e nel sesto canone era deciso, cioè che Cristo,