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140 | l'istoria del concilio di trento |
di presente inviolabilmente osservato; ma dalla latina, dove
le dispense sono in uso e in facilitá, avendo comodo li ricchi
di valersene, è rimasto in osservanza solo per i poveri. Essendo
proposto nel quarto e quinto articolo di moderar l’abuso, fu
nel settimo capo statuito che l’omicida volontario resti sempre
privo d’ogni ordine, beneficio e ufficio ecclesiastico; e il casuale, quando vi sia ragione di dispensarlo, la commissione
della dispensazione non sia data ad altri che al vescovo; ed
essendoci causa di non commetterla a lui, al metropolitano o
ad un altro vescovo piú vicino. Il qual decreto ben si vedeva
che non serviva a moderar gli abusi, ma piú tosto ad incarir
le dispense; perché quanto all’omicidio volontario non erano
legate le mani al pontefice, e quanto al casuale era servato
il decreto, non commettendo ad altri che al vescovo; ma non
impedito però il dispensare alla dritta senza commetter la causa
ad altri, facendo prima le prove in Roma, o veramente espedendo la dispensa sotto nome di moiu proprio, o con altre clausule delle quali la cancellarla abbonda, quando li vien prestato
occasione di valersene.
Pareva che impedisse assai l’autoritá episcopale certa sorte de prelati, li quali, per conservarsi in qualche riputazione nel luoco dove abitavano, impetravano dal pontefice autoritá di poter castigare li delitti de ecclesiastici in quel luoco; e alcuni vescovi anco, sotto pretesto che li preti loro ricevessero scandoli e mali esempi da quelli delle diocesi vicine, impetravano autoritá di poterli castigare. Questo disordine desiderando alcuni che fosse rimediato con revocar totalmente simili autoritá, ma parendo che se ciò si facesse, sarebbe dato disgusto a molti cardinali e prelati potenti che abusano tal autoritá, fu trovato temperamento di conservargliela senza pregiudicio del vescovo, con ordinare nell’ottavo capo che questi non potessero procedere se non con l’intervento del vescovo o di persona deputata da lui. Era un altro modo di sottopor le chiese e persone d’una diocesi ad un altro vescovo, con unirle alle chiese o benefici di quello; il che se ben veniva proibito con termini generali nella settima