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libro quarto - capitolo iii 129


vana calonnia di quelli che la chiamano invenzione umana escogitata dal concilio lateranense, il quale non ordinò la confessione, ma bene che quella fosse eseguita almeno una volta all’anno. Ma quanto al ministro, dechiara la sinodo essere false quelle dottrine che estendono a tutti li fedeli il ministerio delle chiavi e l’autoritá data da Cristo di ligare e sciogliere, rimettere e ritenere li peccati pubblici con la correzione e secreti per confessione spontanea; e insegna che li sacerdoti, ancorché peccatori, hanno l’autoritá di rimetter li peccati, la qual non è un nudo ministerio di dechiarar che li peccati sono remessi, ma un atto giudiciale. Per il che nessun debbe fondarsi sopra la sua fede, riputando che senza contrizione e senza che il sacerdote abbia animo dissolverlo, possi aver la remissione. Ma perché la sentenzia è nulla prononciata contra chi non è suddito, è nulla anco l’assoluzione del sacerdote che non abbia autoritá delegata o ordinaria sopra i penitenti; e anco li maggior sacerdoti ragionevolmente riservano a sé alcuni delitti piú gravi, e meritamente lo fa il papa, e non è da dubitare che li vescovi non lo possino fare ciascuno nella sua diocese. E questa riserva non è per sola polizia esterna, ma è di vigore anco inanzi a Dio: però fu sempre osservato nella Chiesa che in articolo di morte tutti li sacerdoti possino assolvere ogni penitente da qualonque caso. Della satisfazione, la sinodo cosí dechiara: che remessa la colpa, non è condonata tutta la pena, non essendo conveniente che con tanta facilitá sia ricevuto in grazia chi ha peccato inanzi il battesmo, come dopo; e sia lasciato il peccatore senza freno che lo ritiri dagli altri peccati; anzi convenendo che s’assimigli a Cristo, che patendo pene satisfece per noi; dal quale ricevono anco forza le satisfazioni nostre, come da lui offerte al Padre e per sua intercessione ricevute: però debbono li sacerdoti imponer le satisfazioni convenienti, risguardando non solo a custodir il penitente da novi peccati, ma anco a castigar li passati; dechiarando nondimeno che si satisfá non solo con le pene spontaneamente ricevute o vero imposte dal sacerdote, ma ancora con sopportar in pazienzia

li flagelli mandati dalla Maestá divina.


Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii 9