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100 l'istoria del concilio di trento


In fine della congregazione si propose di raccoglier li abusi in questa stessa materia con li remedi per estirparli. E nelle sequenti congregazioni furono raccontati molti: che il santissimo sacramento in alcune chiese particolari non è conservato, e in altre è tenuto con grande indecenza; che, quando è portato per la strada, molti non s’ingenocchiano e altri non degnano manco scoprirsi il capo; che in alcune chiese è tenuto per cosí longo spazio, che vi nasce delle putredini; che nel ministrare la santa comunione è usata da alcuni parrochi grande indecenza, non avendo pur un panno che il comunicante tenga in mano. Quello che piú importa, li comunicati non sanno quello che ricevono, né hanno instruzione alcuna della dignitá né del frutto di questo sacramento. Che alla comunione sono admessi concubinari, concubine e altri enormi peccatori, e molti che non sanno il Pater noster né l’Ave Maria. Che alla comunione sono dimandati danari sotto nome di elemosina; e peggio di tutto in Roma vi è un’usanza, che chi ha da comunicarsi tiene in mano una candela accesa con qualche danaro infisso dentro, il qual con la candela, dopo la comunione, resta al sacerdote; e chi non porta la candela, non è admesso alla comunione. Per rimedio di parte di questi e altri abusi furono formati cinque canoni con un bellissimo proemio. Nel primo si statuiva che, mostrandosi il sacramento nell’altare, o portandosi per la via, ognun debbi ingenocchiarsi e scoprirsi il capo; che in ogni chiesa parrocchiale si debbi servar il sacramento e rinovarlo ogni quindici giorni, e far ardere inanzi a lui giorno e notte una lampada; che sia portato agl’infermi dal sacerdote in abito onorevole, e sempre con lume; che li curati insegnino alli suoi popoli la grazia che si riceve in questo sacramento, ed esequiscano contra loro le pene del capitolo Omnis utriusque sexus; che gli ordinari debbino aver cura della esecuzione, castigando li transgressori con pene arbitrarie, oltre le statuite da Innocenzo III nel capitolo Statuimus, e da Onorio III nel capitolo Sane.

Della riforma fu trattato nel medesimo tempo che si disputava della fede, ma da altre congregazioni, nelle quali inter-