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libro primo - capitolo iv 93


alienissimi, ma per trattener gli uomini, acciò con l’aspettazione che gli abusi ed inconvenienti sarebbono presto rimediati restassero fermi nell’obedienza. Però pochi restarono ingannati, non essendo difficile scoprire che l’instanza fatta a’ principi di mandar ambasciatori ad un concilio, de quale non era determinato né tempo né luoco né modo, era troppo affettata prevenzione.

Ma li protestanti da quelle lettere presero essi ancora occasione di scrivere medesimamente alli re e principi; e l’anno seguente, nel mese di febbraro, per nome comune di tutti formarono una lettera a ciascuno di questo tenore: esser nota alle Maestá loro la vecchia querimonia fatta dagli uomini pii contra li vizi ecclesiastici, notati da Giovanni Gersone, Nicolò Clemangis e altri in Francia, e da Giovanni Coletto in Inghilterra, e da altri altrove: il che anco era avvenuto in questi prossimi anni in Germania, nata occasione per il detestabile e infame guadagno che alcuni monaci facevano pubblicando indulgenze. E da questo passando a narrar tutte le cose dopo successe sino all’ultima dieta, seguirono dicendo che li loro avversari erano intenti ad eccitar Cesare e altri re contra loro, usando varie calunnie; le quali sí come hanno ributtate nella Germania, cosí piú facilmente le confuterebbono in un concilio generale di tutto ’l mondo: al quale si rimetteranno, pur che sia tale che in lui non abbiano luoco li pregiudici e gli affetti. Che tra le calunnie date loro questa è la principale, che dannino i magistrati e sminuiscano la dignitá delle leggi; il che non solo non è vero, ma, sí come hanno mostrato nella dieta d’Augusta, la loro dottrina onora li magistrati, defende il valor delle leggi piú che sia stato mai fatto nelle altre etá, insegnando alli magistrati che lo stato loro e quel genere di vita è gratissimo a Dio, e predicando alli populi che sono tenuti a prestar onore e obedienzia al magistrato per comandamento di Dio, il quale non lascierá senza punizione li disubedienti, poiché il magistrato ha il governo per ordinazione divina. Che hanno voluto scriver queste cose ad

essi re e principi di tanta autoritá per scolparsi appresso loro,