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libro primo - capitolo iii | 79 |
vano scosso il giogo dell’obedienza, vedeva benissimo quanto
fosse facil cosa che da questi fossero persuasi anco gli altri.
Oltre di ciò considerava che se ben la causa sua era comune con tutti li vescovi, quali le rinovate opinioni cercavano
di privare delle ricchezze possedute, nondimeno anche tra loro
e la corte romana restava qualche materia di disgusti; pretendendo essi che fosse usurpata tra loro la collazione delli benefizi con le reservazioni e prevenzioni, e ancora levata gran
parte dell’amministrazione e tirata a Roma con avocazione
di cause, reservazioni di dispense e assoluzioni ed altre tal
facoltá, che, giá comuni a tutti li vescovi, s’avevano i pontefici romani appropriate: onde si figurava che la celebrazione
del concilio dovesse esser una totale diminuzione dell’autoritá
pontificale. Per il che voltò tutti li suoi pensieri a persuader
l’imperatore che il concilio non era utile per quietare li moti
di Germania, anzi pernicioso per l’autoritá imperiale in quelle
provincie. Li considerava due sorti di persone infette: la moltitudine e li principi e grandi; esser verisimile che la moltitudine sia ingannata, ma il sodisfarla nella dimanda del concilio
non esser mezzo per illuminarla, anzi per introdur la licenzia
populare. Se si concedesse di metter in dubbio o ricercar
maggior chiarezza della religione, averebbe immediate preteso
di dar anco legge al governo, e con decreti restringere l’autoritá de’ prencipi; e quando avessero ottenuto di esaminare e
discutere l’autoritá ecclesiastica, imparerebbono a metter difficoltá anco nella temporale. Gli mostrò esser piú facile opporsi alle prime dimande della moltitudine che, dopo averla
compiaciuta in parte, volergli metter termine. Quanto alli
principi e grandi poteva tener per certo essi non aver fine di
pietá, ma d’impatronirsi de’ beni ecclesiastici e deventar assoluti, riconoscendo niente o poco l’imperatore; e molti di loro
conservarsi intatti da quella contagione per non aver ancora
scoperto l’arcano; il quale fatto manifesto, tutti s’addrizzeranno allo stesso scopo. Non esser dubbio che il pontificato,
perduta la Germania, perderebbe assai; maggior però sarebbe
la perdita imperiale e della casa d’Austria: a che volendo