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libro primo - capitolo ii | 37 |
denti, in ogni ragionamento col pontefice andava gettando
parole che potessero instruirlo: li commendava la bontá ed
ingenuitá sua e l’animo propenso alla riforma della Chiesa
ed all’estirpazione dell’eresie, aggiongendo però che non poteva avere laude della sola buona intenzione, insufficiente da
se stessa per far il bene, se non vi s’aggiongesse anco un’esatta
elezione de’ mezzi opportuni ed un’esecuzione maneggiata con
somma circonspezione. Ma quando lo vidde costretto dall’angustia del tempo a risolversi, gli disse non esservi speranza
di confondere ed estirpare li luterani con la correzione delli
costumi della corte; anzi questo esser un mezzo di aumentar
il credito agli autori. Imperocché la plebe, che sempre giudica
dall’evento, quando per l’emenda seguita restará certificata
che con ragione il governo pontificio era ripreso in qualche
parte, si persuaderá similmente che anco le altre novitá proposte abbiano buoni fondamenti; e gli eresiarchi, vedendo
d’averla vinta in una parte, non cesseranno nel riprender
le altre. In tutte le cose umane avvenire che il ricevere sodisfazione in alcune richieste dá pretensione di procacciarne
altre e di stimar che li siano dovute; che leggendo le passate
istorie dei tempi che sono state eccitate eresie contra l’autoritá della chiesa romana, si vederá tutte avere preso pretesto
dalli costumi corrotti della corte. Con tutto ciò mai nessun
pontefice reputò utile mezzo il reformarli; ma solo, dopo usate
le ammonizioni e instruzioni, indurre i prencipi a protegger la
Chiesa. Quello che per il passato è riuscito, doversi tener ed
osservar sempre. Nissuna cosa far perire un governo maggiormente, che il mutar li modi di reggerlo; l’aprir vie nuove e
non usate esser un esporsi a gravi pericoli, e sicurissimo è camminare per li vestigi dei santi pontefici che sempre hanno
avuto esito felice delle loro imprese. Nissuno aver mai estinto
l’eresie con le riforme, ma con le cruciate e con eccitar prencipi e popoli all’estirpazione di quelle. Raccordarsi che Innocenzo III oppresse felicemente con questo mezzo gli albigesi
di Linguadocca; e li pontefici seguenti non con altri modi
hanno estinto in altri luochi li valdesi, li piccardi, poveri di