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234 l'istoria del concilio tridentino


servire a convertir infedeli, espugnar eretici, confermar fedeli, non si debbe costringerli a credere altra cosa fuori di quelle.

Queste ragioni non furono giudicate dalli legati cosí efficaci come la contraria, che il non far decreto fosse con perdita della riputazione; per il che, risoluti a questa parte e accomodate meglio alcune parole secondo li avvertimenti dei prelati, proposero il decreto nella congregazione del 1° di febbraro. Sopra il quale furono dette varie cose, e se ben fu approvato dalla maggior parte, nondimeno con poco gusto. Nel partire della congregazione alcuni delli prelati ragionando l’un all’altro ebbero a dire: «Si dirá che con negozio di venti anni si ha concluso di ridursi per udire a recitar il Credo».

Venuto donque il di 4, giorno destinato alla sessione, con la medesima ceremonia e compagnia s’andò alla chiesa. Nella quale cantò la messa Pietro Tagliavia, arcivescovo di Palermo, fece il sermone frate Ambrosio Catarino senese, dominicano, e l’arcivescovo di Torre lesse il decreto. La sostanza del quale fu che la sinodo, considerando l’importanzia delli dui capi che aveva da trattare, dell’estirpazione dell’eresie e reformazione delli costumi, esorta tutti a confidar in Dio e vestirsi delle arme spirituali; e acciocché la sua diligenzia abbia principio e progresso dalla divina grazia, determina incominciar dalla confessione della fede, seguitando gli esempi dei Padri, che nei principali concili nel principio delle azioni hanno opposto quel scudo contra le eresie, e con quel solo alcune volte hanno convertito gl’infedeli e vinti gli eretici; nel quale concordano tutti li professori del nome cristiano. E qui fu recitato tutto di parola in parola, senza soggionger altra conclusione; e interrogò l’arcivescovo li padri, se gli piaceva il decreto. Fu resposto da tutti affirmativamente, ma da alcuni con condizioni e addizioni non di gran momento, con displicenzia del Cardinal del Monte, al quale non poteva piacer che in sessione si descendesse a particolari, temendo che quando s’avesse trattato cosa di rilievo, potesse nascer qualche inconveniente. Fu letto dopo l’altro decreto, intimando la sessione per li 8 aprile, allegando per causa della dilazione che molti prelati