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14 l'istoria del concilio tridentino


le cose sue, scrisse una lettera al cardinale, confessando d’esser stato troppo acre e scusandosi sopra la importunitá delli questori e delli scrittori suoi avversari; promettendo di usar maggior modestia nell’avvenire, di sodisfar al papa e di non parlar delle indulgenzie piú: con condizione però che li suoi avversari anco facessero l’istesso. Ma né essi né egli potevano contenersi in silenzio; anzi l’uno provocava l’altro; onde la controversia s’inaspriva.

Per il che in Roma la corte parlava del cardinale con gran vituperio, attribuendo tutto il male all’aver trattato Lutero con severitá e con villanie; li attribuivano a mancamento che non gli avesse fatto promessa di gran ricchezze, d’un vescovato, ed anco d’un cappel rosso da cardinale. E Leone, temendo di qualche gran novitá in Germania, non tanto contra l’indulgenzie quanto contra l’autoritá sua, fece una bolla sotto il 9 novembre 1518, dove dechiarò la validitá delle indulgenzie, e che esso come successor di Pietro e vicario di Cristo aveva potestá di concederle per li vivi e per li morti; e che questa era la dottrina della chiesa romana, la quale è madre e maestra di tutti li cristiani, che doveva esser recevuta da qualonque vuol esser nel consorzio della Chiesa. Questa bolla la mandò al cardinale Gaetano; il quale, essendo a Linz in Austria superiore, la pubblicò e ne fece far molti esemplari autentici, mandandone a ciascuno delli vescovi di Germania, con comandamento di pubblicarli e di comandar severamente e sotto gravi pene a tutti di non aver altra fede.

Da questa bolla vide chiaramente Martino che da Roma e dal pontefice non poteva aspettar altro che esser condannato; e sí come per l’inanzi aveva per lo piú riservato la persona e il giudicio pontificio, cosí dopo questa bolla venne a risoluzione di rifiutarlo. Per il che mandò fuori un’appellazione; dove avendo prima detto di non voler contrapporsi all’autoritá del pontefice quando insegna la veritá, soggionse che egli non era esente dalle comuni condizioni di poter fallare e peccare, allegando l’esempio di san Pietro ripreso

da san Paolo gravemente. Ma ben era cosa facile al papa,