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libro primo - capitolo i 11


sizione fu nelli seguenti secoli assonta dal solo vescovo, poi delegata al prete penitenziario, e finalmente rimessa all’arbitrio del confessore), ma non liberassero di pagar il debito alla divina giustizia. Il che parendo ad altri che cedesse piú a maleficio che a beneficio del popolo cristiano, quale, coll’esser liberato dalle pene canoniche, si rendeva negligente a sodisfar con pene volontarie alla divina giustizia, entrarono in opinione che fossero liberazione e dell’una e dell’altra. E questi erano divisi: volendo alcuni che fossero liberazion senza che altro fosse dato in ricompensa di quelle; altri aborrendo un tal arbitrio, dicevano che, stante la comunione in caritá delli membri di santa Chiesa, le penitenzie di uno si potevano comunicar all’altro e con questa compensazione liberarlo. Ma perché pareva che questo convenisse piú agli uomini di santa ed austera vita che all’autoritá delli prelati, nacque la terza opinione, che le fece in parte assoluzione, per il che se li ricerchi l’autoritá, ed in parte compensazione. Ma non vivendo li prelati in maniera che potessero dar molto delli loro meriti ad altri, si fece un tesoro della Chiesa pieno de’ meriti di tutti quelli che ne hanno abbondanzia per loro propri. La dispensazione del quale è commessa al pontefice romano; il quale, dando l’indulgenzie, ricompensa il debito del peccatore con assegnare altrettanto valor del tesoro. Né qui era il fine delle difficoltá, perché opponevasi che, essendo li meriti de’ santi finiti e limitati, questo tesoro potrebbe venir a meno; per il che volendolo far indeficiente, v’aggionsero li meriti di Cristo, che sono infiniti; onde nacque la difficoltá a che fosse bisogno de gocciole de meriti d’altri, quando si aveva un pelago infinito di quelli di Cristo: che fu ragione ad alcuni di far essere il tesoro delli meriti della Maestá sua solamente.

Queste cose, cosí incerte allora e che non avevano altro fondamento che la bolla di Clemente VI fatta per il giubileo del 1350, non parevano bastanti per oppugnar la dottrina di Martino, risolvere le sue ragioni e convincerlo; per il che Thecel, Ecchio e Prierio, non vedendosi ben forti nelli luochi

propri di questa materia, si voltarono alli comuni, e posero