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monti e tognetti | 93 |
a quell’eccesso di perfidia nel quale era piombato. Ma così chiuso e serrato, come egli era, nell’egoismo ecclesiastico, siccome in un involucro impenetrabile ai più dolci sentimenti dell’umana natura, egli sentì a poco a poco la malvagità farsi arbitra assoluta delle sue azioni. E quel lampo di bene che gli balenò nella mente insieme alle parole mio figlio! quel lampo fugace si era perduto ben presto nelle fitte tenebre della sua anima fosca.
Ora, in mezzo al più brutale sfogo della sua perfidia, egli veniva sorpreso da un tenero sentimento al pensiero che Curzio si trovava nuovamente in pericolo della vita. Mistero inconcepibile! Quell’uomo istesso che pochi minuti prima aveva sorriso con barbara compiacenza innanzi agli strazi della povera Lucia Monti, ora si affrettava, e accorreva anelante per salvare la vita di un uomo!
La carrozza di monsignore Pagni si fermò in Piazza del Popolo innanzi alla caserma dei gendarmi papali.
La guardia uscì fuori; si schierò in parata; furono presentate le armi al prelato; e gli ufficiali scesero ad incontrarlo.
Ebbe egli appena manifestato il desiderio di parlare coll’arrestato, che fu posta a sua disposizione la miglior camera del quartiere; là dentro fu condotto alla sua presenza Curzio Ventura; e a un cenno di monsignore furono lasciati soli.
Curzio guardò sdegnosamente il prelato.
— Accomodatevi, disse questi, sedete, qui, vicino a me, senza cerimonie; non abbiate timore.
— Io non ho timore, rispose il giovane, e rimase in piedi.
— Voi non dovete vedere in me, riprese monsignor Pagni, nè il giudice, nè il prelato: consideratemi come un buon amico, che vuole il vostro bene, ed è venuto qui unicamente per giovarvi.
Curzio lo guardò, esprimendo la sua incredulità con un sorriso.
— Io sono mandato dalla principessa Rizzi, aggiunse allora Pagni.
— E che vuole essa da me? disse vivamente il giovane, essa mi ha ingannato!
— Per salvarvi.
— Essa mi ha ingannato! ripetè Curzio con maggior forza. Ella sapeva che io non avrei accettata la mia salvezza che ad un patto, e questo era che con me sarebbero salvi i miei compagni Monti e Tognetti. Come ha essa mantenute le sue promesse? Monti e Tognetti languono tuttora nelle Carceri Nove; dipendono sempre dal sanguinario tribunale della Sacra Consulta, e sulle loro teste sta sospeso il ferro della ghigliottina! E poteva io intanto starmene in sicurezza, sano e salvo, al di là dei confini, rinnegando l’amicizia, la solidarietà, la fratellanza, tutti i sentimenti che mi legano a quegli infelici? Ah, no!... Dite alla principessa che le sue cure, i suoi inganni, furono vani; io sono ritornato!