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92 | i processi di roma |
Il prelato suonò un campanello, e al servo che si presentò sulla porta, ordinò:
— La mia carrozza.
— Monsignore la riverisco, disse allora il processante, baciando la mano al prelato con un centunesimo inchino.
— La saluto, rispose seccamente monsignore.
Poi, mentre Marini se ne andava, camminando a ritroso come i gamberi, soggiunse:
— Aspetti!
Il giudice si fermò in tronco.
— So ch’ella desidera qualche cosa.
— Oh troppo buono a occuparsi di me, fece il giudice con una smorfia.
— Un avanzamento, una promozione...
— Io terrei paghi i miei voti quando... ma non ardisco sperare...
— Oh, dica pure.
— Quando fossi nominato assessore di polizia.
— Va bene; ne parleremo con sua eminenza.
— Ah monsignore! Ella vorrà degnarsi...
— Conti sulla mia protezione.
— Eccellenza!
Il giudice Marini ritornò a baciare la mano di monsignore coll’entusiasmo della riconoscenza anticipata, poi riprese il suo cammino retrogrado, finchè fu uscito dalla porta del salotto.
In anticamera sorrise al cameriere, che lo aveva introdotto, e nello scendere per le scale si fregò le mani, pensando:
— Ecco un mezzo scudo bene speso. Il posto di assessore questa volta è assicurato.
XXII.
Per salvarlo.
Misteri del cuore umano!
Vedemmo abbastanza quanto fosse perversa l’anima di monsignor Pagni. Eppure uno spiraglio di luce era penetrato in quel tanto bujo. Quando la principessa gli fece comprendere quale vincolo misterioso passasse fra lui e il prigioniero Curzio, quell’uomo crudele, dal cuore incallito nella ferocia spietata, provò qualche cosa d’incognito, di nuovo che si agitava dentro di lui, e si sentì spinto a volere la salvezza di quel giovane, ad amarlo!
Se il prelato avesse avuto una famiglia, una moglie, dei figli, il suo cuore ingentilito dalla dolcezza dei domestici affetti, non sarebbe mai giunto