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egualmente. Ma sentite: voi siete il giudice, io sarò il condannato; ebbene, io mi sento tranquillo nella mia coscienza; dite voi altrettanto, se lo potete!

— Riconducetelo nella sua prigione, urlò il giudice, e se parla ancora domatelo colle nerbate.

Petronio accorse, e preso per un braccio il prigioniero, lo trasse alla segreta, mentre col ruvido dorso della mano si asciugava una lagrima.

— Oh grazie! mormorò Monti, che lo sorprese in quell’atto.

La tacita compassione del suo carceriere lo compensava della durezza del giudice.


XIX.

Il figlio.


Frattanto il giudice inquisitore si fregava le mani, e diceva al cancelliere Passerini:

— Benissimo benissimo! ecco il frutto delle mie operazioni notturne. Noi cominciamo ad avere in mano un filo della trama, e questo filo basterà per svolgerla tutta quanta.

Poi, volto a Petronio, ch’era ritornato, dopo avere cautamente cancellati da’ suoi occhi i vestigi del pianto pietoso:

— Presto, presto, disse. Fate venire l’accusato Gaetano Tognetti.

Tognetti dormiva, e fu risvegliato dalla voce e dalla mano di Petronio, che lo scuoteva.

— Chi è? mia madre? gridò l’infelice giovane, svegliandosi all’improvviso.

— Altro che mamma! c’è qui il giudice che vi aspetta.

— E che vuole il giudice da me?

— Vuole esaminarvi.

— Proprio adesso che stava dormendo. Maledetti! non ci lasciano riposare nemmeno alla notte.

Questo breve dialogo ebbe luogo fra Tognetti e il carceriere, mentre quest’ultimo eseguiva la penosa operazione di costringergli le mani nei ferri, senza i quali, non potevano i detenuti comparire alla presenza di Sua Signoria illustrissima.

— Come ti chiami? cominciò il giudice, quando Tognetti fu alla sua presenza.

— Non lo sapete? Mi avete pur fatto chiamare.

— Sei Gaetano Tognetti?

— Se l’ho detto che lo sapete! perchè dunque me lo domandate?