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monti e tognetti | 73 |
scaffale pieno di processi voluminosi, che per ogni pagina indicavano una lagrima e una stilla di sangue!
Sua Signoria illustrissima (così veniva chiamato il giudice nelle intestazioni degli esami) si assise comodamente in un seggiolone dal cuscino di cuoio, posto sotto il crocifisso, di faccia alla porta d’ingresso.
Il cancelliere, uomo piccolo e ranicchiato, al quale l’antica abitudine degli inchini aveva notevolmente arcuata la spina dorsale, si era seduto sopra una sedia di paglia; e postisi gli occhiali inseparabili sul naso, stava provando le sue penne sopra un foglio di carta.
Petronio se ne stava in piedi sull’uscio, col mazzo delle chiavi in una mano e la berretta nell’altra, aspettando gli ordini del signor giudice.
Il pover’uomo, guardando quella faccia torbida e buia, rabbrividiva non più per sè, ma pei disgraziati, la cui sorte pendeva dall’arbitrio di quell’uomo e dei suoi padroni.
XVIII.
L’inquisizione del processo.
— Fate venire alla mia presenza il detenuto Curzio Ventura, disse il giudice a Petronio, che uscì immantinente, scegliendo una fra le chiavi del suo mazzo. E voi, soggiunse volgendosi a Passerini, voi, signor cancelliere, cominciate a intestare il costituto.
Poi seguito, dettando con gravità:
«Addi venticinque novembre eccetera, nel locale delle Carceri Nove eccetera, innanzi a Sua Signoria illustrissima eccetera.»
Curzio fu introdotto da Petronio.
Il giovane artista era stato vestito colla casacca dei prigionieri, e aveva le mani unite e serrate dalle manette, ma pure non aveva dimessa la sua aria di dignità e d’incrollabile fermezza. Postosi in piedi accanto alla tavola, dirimpetto al giudice, lo fulminò con un’occhiata sdegnosa.
— Aspettate i miei ordini lì fuori dalla porta, disse il giudice al carceriere.
E Petronio uscì inchinandosi, e chiuse l’uscio.
— Come vi chiamate? chiese poscia Marini al detenuto.
— Mi avete interrogato un’altra volta, rispose Curzio con piglio sprezzante. Il mio nome vi è noto.
Il giudice processante, vedendo che incontrava del duro, si atteggiò al sembiante della dolcezza.
Egli sapeva assumere modi e parole diversi, secondo l’indole dei detenuti da esaminare.