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monti e tognetti 69

cuore di un marito e di un padre, Giuseppe Monti non dava segno di vita; soffriva pazientemente la durezza del carcere, e solo ad ora ad ora, quando le torture del suo pensiero si facevano più insoffribili, mormorava a bassa voce queste sole parole:

— Povera mia moglie! poveri miei figli!


VII.

Il secondino Petronio.


Fra i secondini delle Carceri Nove, fra quei manigoldi dal cuore indurito v’era per caso un buon uomo, che in mezzo a tanto spietata ribalderia serbava un cuore accessibile alla pietà.

Era un certo Petronio, bolognese, antico lavorante di canapa; condannato una volta per un ferimento da lui commesso nel calore di una rissa, gli avevano commutata la pena della galera nell’ufficio del carceriere, cosa non rara negli Stati del papa, dove son pochi gli uomini onesti e liberi che si offrano spontanei al mestiere dell’aguzzino.

Nella sera di quel giorno in cui avvenivano nel palazzo del principe Rizzi le scene narrate nei capitoli precedenti, il secondino Petronio si trovava di guardia in un camerone interno delle carceri; toccava a lui di vegliare per tutta la notte in quel luogo.

Il buon uomo si aiutava col tabacco da naso e con quello da fumo, contro il sonno che minacciava d’invaderlo. Guai se il capo-custode nella sua ispezione notturna lo avesse trovato addormentato! Una mezza dozzina di nerbate, susseguita da una giornata di cella e di digiuno, era il meno che potesse toccargli.

Egli prendeva un tratto la pipa, e tirava quattro boccate di fumo, poi deponeva la pipa e pigliava la scatola, e fiutava due prese di tabacco, poi ricorreva di nuovo alla pipa per ritornare poscia alla scatola. Ma ormai tutti i provvedimenti tornavano vani: già le sue palpebre divenivano pesanti pesanti, e si chiudevano, e la sua testa si abbassava prima lentamente, poi più presto, fino a che il mento gli si andò a posare addirittura sul petto.

Per fortuna in quel momento stesso l’orologio della prigione suonò le undici ore.

Petronio si svegliò di soprassalto, gridando:

— Olà! alt! ferma! vuol scappare!... Ah! proseguì poscia, fregandosi ripetutamente gli occhi e la fronte, mi pareva che qualcuno volesse scappare... Maledetto sonno! la pipa non basta più a farmi stare sveglio, e il tabacco nemmeno!... Uh! che brutta vitaccia quella del carceriere!