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60 | i processi di roma |
— E a che cosa attribuite il mio cambiamento?
— Non saprei, disse il prelato con un accento particolare; poi dopo un momento soggiunse, guardando in faccia la principessa; a meno che non fosse vero ciò che si va dicendo per Roma, a bassa voce, ma si va dicendo.
— Che cosa mai? chiese essa con noncuranza.
— Che fra gl’insorti v’era un vostro amante, rispose lentamente monsignor Pagni senza staccare gli occhi da lei. E ch’egli si trova in qualche pericolo.
— Che? esclamò la principessa con un grido irresistibile di spavento. Di subito dopo represse la sua commozione, e disse con orgoglio: E voi poteste credere a questa bassezza?
— Io, soggiunse con ipocrisia il prelato. Il ciel me ne guardi!... Vi è però qualcuno che ci crede.
— E chi di grazia?
— Vostro marito.
— Mio marito!
— Ma non temete; la mia protezione non sarà mai per mancarvi.
— Oh! esclamò essa con indignazione, lo so bene quello che vale la vostra protezione! di voi altri santi pastori! È la protezione del lupo sopra l’agnello. E non l’ho provata io stessa? E non era una povera orfanella, giovinetta, sola, ed innocente, quando fui affidata alla vostra tutela? Voi eravate il nipote di mio padre, maggiore di me di anni e di senno, incamminato nella carriera ecclesiastica, uomo di pietà e di religione!.... Ebbene, voi abusaste indegnamente di quell’incarico sacrosanto. Valendosi del potere che vi affidano le leggi ed il sangue, invece di difendermi, voi mi avete sedotta, tradita: e nel giorno istesso nel quale il vostro dito riceveva l’anello vescovile, io sola, abbandonata, sopra un letto di dolore....
— Basta! proruppe monsignore. Qualcuno potrebbe udirvi.
— Io divenni madre: e la mia sventura fu un mistero per tutti. Ma voi, snaturato, voi che non miravate ad altro che all’ambizione della casa voi mi costringeste a sposare un uomo che io abborriva, minacciandomi, se io rifiutava, di pubblicare la mia vergogna. Questa fu la tutela, questa la difesa, la protezione che io ebbi da voi! Ed ora io debbo sorridervi, porgervi la mano, chiamarvi caro cugino, ed anche ascoltare in pace gli oltraggi che volgete col sorriso di miele sul labbro!
Un servo entrò.
— Signora principessa, disse, un uomo domanda di parlarvi.
— Ha detto il suo nome? chiese ansiosamente la signora.
— Ha detto chiamarsi Giano.
— Ah! finalmente!... Venga.
Giano fu introdotto da un servo.
— Vieni, gli disse la principessa. Avanzati.