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monti e tognetti 59

un leggiero inchino) bramerebbe di ottenere una grazia da voi, monsignore. Ed io ve la chiedo per lui.

— Una grazia, voi dite: chiamatela piuttosto un comando. Ciò che vien chiesto dalla bocca della mia gentile cugina non posso rifiutarlo.

— Egli vorrebbe come avvocato, difendere innanzi al Tribunale della Sacra Consulta i principali accusati della gran causa...

— Di lesa Maestà in primo grado, soggiunse il giudice processante.

— Io gli accorderò volentieri quanto mi domanda per vostro mezzo, disse monsignor Pagni alla principessa; ma credo bene di prevenirlo ch’egli aspira ad un ufficio pericoloso.

— È quello che gli diceva io medesimo.

Così soggiunge Marini, e più avrebbe detto, ma una brusca occhiata di monsignore, lo rese avvertito che non toccava a lui interloquire in quel momento, ed egli si tacque tutto compunto.

— Per quanto periglioso sia quest’ufficio, disse Leoni con fermezza, io mi sento coraggioso abbastanza per compierlo.

— Quand’è così, soggiunse il prelato io, vi ammetterò a sostenere questa difesa, ma vi prevengo che il giudizio non avrà luogo tanto presto; non siamo che ai primi stadi dell’inquisizione. Non è vero, signor giudice?

Questa volta non parve vero a Marini di essere invitato a parlare da monsignore e rispose senza timore:

— Al primissimo stadio, eccellenza. Si stanno appunto raccogliendo le fila preliminari degli indizi. Il processo intero sarà l’opera di molti mesi, sarà una mole ingente; sempre si aggiungono nuovi nomi e nuovi accusati.

— Intanto, disse Leoni, io ringrazio la signora principessa e monsignore; quando verrà il giorno del cimento, pregherò il cielo che mi dia forze bastanti all’impresa.

Poi si alzò salutando, e uscì. Anche il giudice si alzò dicendo:

― Io pure riverisco la signora principessa, e prego umilmente monsignore di avermi nella sua memoria.

Poi camminando all’indietro, e intercalando quella marcia retrograda con riverenze da minuetto, uscì dal salotto.

La principessa e il prelato rimasero soli. Regnò qualche momento di silenzio. Monsignor Pagni fu il primo a romperlo, dicendo:

— È qualche tempo ch’io vedo una nube sulla fronte della mia cara cugina, Luigia, v’è qualche cosa che vi addolora?

— Nulla, v’ingannate, monsignore.

— Eppure sapete che da lungo tempo io sono uso a leggere nella parte più riposta del vostro cuore.

— Ebbene che cosa vi leggete adesso?

— Un’occulta pena; voi non sorridete più, voi... insomma voi non siete più la stessa.