Pagina:Sanvittore - i misteri del processo monti e tognetti, 1869.djvu/43

38 i processi di roma


Intanto gli ottocento uomini destinati ad occupare il Campidoglio aspettavano inutilmente le armi, dispersi pel lungo tramite di vie che dalla Marmorata conduce fino a’ piedi di quel colle.

Così inermi, isolati, delusi nell’aspettativa, furono in breve circondati da un fitto cordone di truppe. Affrontarono imperterriti il fuoco nemico ma circuiti da ogni parte o oppressi dalle forze sproporzionate degli assalitori, furono per la maggior parte arrestati, e tradotti nelle riboccanti carceri pontificie.

Non ostante il cumolo di questi disastri, e la mancanza delle armi, tutti quelli che potevano sottrarsi all’arresto, o liberarsi violentemente dalle mani degli sgherri papali, si lanciarono verso il Campidoglio. Erano pochi, divisi e muniti a mala pena di qualche fucile e di alcune bombe all’Orsini: ma pure sarebbero bastati all’impresa, se anche in questa non li avesse attraversati l’opera nefanda dello spionaggio.

Il governo pontificio, avvisato fin dalla mattina del tentativo che si preparava, aveva fatto occupare improvvisamente il palazzo dei Conservatori in cima del Campidoglio, da più compagnie di cacciatori esteri.

Così, quando gl’insorti si avanzavano per occupare quella posizione, furono ricevuti da una scarica tremenda, che partendo dalle finestre del palazzo e colpendoli di fronte, ne rovesciò la maggior parte sul terreno. La grande scalinata del Campidoglio apparve tutta seminata di cadaveri e bagnata di sangue.

Tutti i superstiti seguitavano a salire, esplodendo i loro fucili. Dalle finestre del palazzo continuava a partire un fuoco vivissimo. Intanto i popolani del rione dei Monti, guidati dai loro capi-sezione, tentavano di giungere sul Campidoglio dalla parte del Foro Romano.

Si diedero a salire per le due gradinate secondarie dal lato dell’arco di Settimio Severo e da quello della Rupe Tarpea.

Quegli sbocchi erano fortemente occupati dai cacciatori esteri e dai gendarmi.

I Romani si trovarono nella svantaggiosa situazione di chi sale combattendo contro chi si trova in alto; erano pochi e quasi inermi contro i molti e armati, ma pure procedevano animosi.

Si combatteva da ogni parte del Campidoglio: frequenti e micidiali erano i colpi dei soldati: scarsi e spesso vani quelli degli insorti.

La sacra collina, la fortezza di Roma, era come in antico attaccata e difesa accanitamente. Ma questa volta non erano i barbari che assalivano, non erano i romani che resistevano.

I barbari chiamati dai sacerdoti stavano accampati sul Campidoglio; e il popolo romano tentava invano di ripigliare ciò che la frode gli tolse, e gli contrasta la forza.

Lunghi ed eroici furono gli sforzi degli insorti, ma il soccorso delle truppe fresche in vantaggio dei pontificj decise della giornata.