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monti e tognetti | 37 |
e di mezzo squadrone di gendarmi a cavallo, moveva verso la Porta San Paolo.
Alle ore cinque e un quarto pomeridiane quella colonna giungeva alla vigna Matteini, e la circondava.
In quell’ora non si trovavano alla vigna che otto uomini. I duecento giovani destinati ad introdurre in città le armi e le munizioni non dovevano raccogliersi in quel luogo se non che verso le sei ore e mezzo.
Al primo presentarsi della truppa, quegli otto valorosi, che avevano la custodia del deposito, tentarono una resistenza impossibile esplodendo i loro fucili, ma ben presto furono sopraffatti dal numero, e alcuni di essi vennero uccisi, altri arrestati.
Così le armi che dovevano servire alle forze della rivolta, caddero in potere dei satelliti dell’oppressione.
Frattanto i giovani, che alla spicciolata uscivano dalla Porta San Giovanni per recarsi, girando le mura, alla villa Matteini, venivano di mano in mano, senza possibile resistenza, arrestati dalle numorose pattuglie che colà erano state a tal uopo disposte.
Non ostante queste precauzioni della polizia e della forza militare, nei dintorni del Monte Testaccio era riuscito di adunarsi al drappello destinato ad attaccare dal di dentro della città la Porta San Paolo, per facilitare così l’ingresso ai compagni, che dovevano recare dalla vigna le armi e le munizioni.
Infatti, all’ora fissata delle sei e mezzo, ignorando che le armi erano cadute in mano dei pontific), quell’ardito drappello assaliva bravamente il corpo di guardia della Porta San Paolo.
Gli zuavi di guardia, superiori di numero, si difesero con accanimento ma dovettero cedere all’impeto degli audaci Romani; questi s’impadronirono della porta, e non potendo aprirla, vi appiccarono il fuoco, e così schiusero il varco. Ma in quella che credevano d’incontrarsi coi loro compagni, reduci col carico delle armi dal luogo del deposito, s ’ imbatterono invece nelle truppe inimiche, che di quelle armi si erano appunto allora impossessate.
Non si scoraggiarono i patrioti di contro alla preponderanza del numero e all’avversità dell’opposta fortuna. Si fecero baluardo della porta, e tennero fermo.
La compagnia degli zuavi si avanzò alla bajonetta: fu accolta con un fuoco vivissimo, e costretta a ripiegare.
Allora mossero inannzi i gendarmi a cavallo, mulinando colle sciabole sguainate i patrioti li aspettarono di piè fermo, e combattendo disperatamente li posero in fuga.
La colonna pontificia si ritirò nella vigna Matteini, e la Porta San Paolo rimase in potere di quel pugno di forti.