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34 i processi di roma

sopra a opprimerci il respiro, a soffocare ogni tentativo a schiacciare ogni anelito del nostro cuore, sono i satelliti dalla reazione mondiale, sono le spie e i poliziotti d’ogni paese. Non è la soldatesca straniera che ci tiene schiavi, che ci paralizza le nostre forze, è questo fecciume di chierici e di delatori, che ha resa la nostra eterna città la cloaca dell’orbe intero. È questa melma, che ci avvolge, c’imprigiona, ci mozza il fiato. Un popolo inerme, ma generoso, può insorgere contro una truppa agguerrita: ma come guardarci le spalle dal tradimento, quando vi sta intorno una turba infinita di delatori e di birri? E costoro non sono romani, per Iddio! Tenetelo a mente, sono i clericali di tutta la terra, che hanno piantata la loro cittadella qui, nel cuore d’Italia. Questa è la nostra situazione; per questo furono finora sventati i nostri intendimenti; per questo, Dio nol voglia, ma io temo che il nostro tentativo sarà soffocato nel sangue. Io lo temo, si, perchè so che siamo circuiti, spiati, e per ogni buon cittadino romano v’hanno cento delatori forestieri che lo tengono d’occhio. Non importa, noi daremo tutte le nostre forze, tutta la nostra vita per la patria, protesteremo almeno colla morte contro il governo dei preti. Il plebiscito di Roma sarà scritto, non foss’altro, col sangue de’ suoi cittadini cadenti sotto il piombo de’ mercenari stranieri, e sotto la mannaia del pontefice. All’armi, all’armi dunque, o veri romani! In questo supremo momento taccia ogni rancore: tutti siamo concordi in un solo volere. Mostriamo all’Italia, al mondo intero che non vogliamo, no, non vogliamo essere sudditi di un sacerdote coronato che insulti il Vangelo e la croce di Cristo!

Curzio aveva pronunziato il suo discorso con quella foga irresistibile della passione che trascina invincibilmente gli uditori. Tutto l’entusiasmo dell’amor patrio e dell’abnegazione era impresso nelle sue parole. Pareval che in lui rivivesse lo spirito di quel grande di cui portava il nome.

Il fremito che percorse l’assemblea fece comprendere che quel fervido impulso si era rapidamente trasfuso a commuovere tutti gli astanti.

— Andiamo, dunque!

— Alle armi!

— Viva la libertà!

Così gridarono mille voci, e insieme si udirono in quella oscurità il rumore delle lame sguainate e lo scricchiolio de’ revolver.

— Fermate! aspettate! gridò in quella la voce severa e calma di un uomo, che pareva il capo della riunione. Ogni movimento incomposto condusse sempre a rovina. È necessario adunque che le nostre mosse siano coordinate insieme, e regolate da un piano, perchè più pronto e sicuro sia l’effetto. Solamente una disciplina assoluta accoppiata a disperato coraggio può condurre a buon termine un’impresa come la nostra. A me dunque, ascoltate. Brevi saranno le mie istruzioni. Pronta e rapida sia l’azione. Il movimento deve aver principio alla stessa ora in diversi punti di Roma,