Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
monti e tognetti | 31 |
A poca distanza da quell’osteria, si trovava una grotta, che una volta servì da cantina, ed ora era abbandonata quasi del tutto. Vi si giungeva da diverse parti, della sommità del colle, della strada sottoposta, dalle viuzze serpeggianti nei fianchi del poggio; per le porte posteriori delle taverne o attraverso le siepi delle vigne. In mille modi ci si poteva giungere, e in altrettanti era facile partirsi di là.
Quel luogo fu scelto per qualche tempo pei ritrovi del comitato d’insurrezione romana.
Questo comitato, che portava anche il nome di Comitato di Salute Pubblica, si era composto in Roma appena la rivolta era scoppiata nella campagna viterbese.
L’antica Giunta Nazionale romana, che prima ebbe la direzione del partito liberale nella città di Roma, aveva sempre consigliata la moderazione, e si era limitata a comporre inocue dimostrazioni contro il governo pontificio. E perciò questa Giunta, fin da quando cominciò a prepararsi il movimento rivoluzionario delle provincie romane, si trovò incompatibile col nuovo indirizzo delle cose; e infatti nel 21 settembre di quell’anno, 1866, si era ritirata dalla direzione.
Alla Giunta subentrarono allora i Capi-sezione dell’associazione romana, ai quali ai 27 dello stesso settembre diressero un proclama al popolo romano, perchè si tenesse preparato all’insurrezione.
Dal seno poi di questi Capi-sezione sorse il Comitato di Salute Pubblica, nel quale al cominciare dell’azione si accentrarono tutti i poteri rivoluzionari.
E questo Comitato, il quale aveva assunta la terribile responsabilità del supremo conflitto, che all’epoca di cui parliamo teneva le sue riunioni in una grotta del Monte Aventino.
Tognetti aveva aspettato il suo amico Monti al cominciare del Ponte Rotto: avevano insieme varcato il Tevere in quel punto che serba ancora i vestigi dell’eroismo di Orazio Coclite, e costeggiando il fiume, si avviarono verso le falde dell’Aventino: essi dovevano recarsi alla grotta misteriosa. S’inoltrarono in un vicoletto, che sale verso la vetta del colle, passarono fra le rotture di un muro diroccato, e traversato un breve spazio di ortaglia abbandonata e imboschita, trovarono, nascosta fra i rovi, l’ellera e i rottami, l’imboccatura della grotta; il terreno scendeva lievemente, e la luce andava mancando di mano in mano che si procedeva.
Fatti dieci passi, Tognetti, che andava innanzi, si arrestò, toccò sulla sua diritta la parete umida e scabrosa del massó, e andò palpeggiando finchè trovò l’apertura, per la quale doveva voltare. Trovata che l’ebbe, s’inoltrò in quel fitto bujo.
Aveva appena mosso un passo là dentro, che si sentì bruscamente arrestato da una mano, che gli afferrò la giubba sul petto, e in pari tempo