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22 | i processi di roma |
l’arresto si opera davvero, e allora la povera donna vien posta nell’alternativa di veder languire il suo diletto in una prigione, e consumarvi la vita, o di mancare a’ suoi doveri più sacri.
Ecco ciò che avvviene ogni giorno nei luoghi soggetti al felice dominio del papa-re, per opera di coloro che con una mano inalzano la croce, mentre coll’altra stringono le catene del popolo.
È naturale adunque che don Omobono, conscio appieno di tali fatti, dopo quel primo cenno di monsignore, penetrasse addentro nelle sue recondite intenzioni.
E volendo andare innanzi ai suoi desiderj, disse:
— È naturale: se qualcuno pregasse per lui, per esempio... sua moglie...
— Oh si rispose monsignore, affettando noncuranza, la moglie può destare compassione, e...
— L’ho detta io! pensava fra sè don Omobono.
— Voi la conoscete, proseguiva il prelato; potete parlarle, dirle il pericolo in cui si trova suo marito, consigliarla...
In quel momento il cappello, che il povero prete andava rotolando fra le mani, gli fuggì, e cadde a terra.
Egli mise un grido di terrore.
La coccarda tricolore si mostrava in tutta la sua pompa nel bel mezzo di un’ala, proprio dalla parte meglio esposta agli sguardi di monsignore.
Un fulmine che fosse caduto sulla testa di don Omobono non lo avrebbe ridotto in uno stato di annichilamento simile a quello che lo investì in quel punto.
— Che cosa vedo? esclamò monsignore, alzandosi, raccogliendo il cappello tricornuto, e guardando da vicino il segnacolo della rivolta. La coccarda tricolore! l’emblema dei rivoluzionari! il simbolo della setta! Un ecclesiastico! inalberare il vessillo della ribellione sulla propria testa!
— Eccellenza, diceva don Omobono tutto tremante, eccellenza reverendissima... l’assicuro ch’io non l’ho fatto apposta... che non ci ho proprio colpa, io...
— Va bene! soggiungeva in tuono di minaccia monsignore. Va bene! Penseremo anche a questo.
Il prete di vettura, giunto al parossismo dello spavento, perdè le forze; scivolò giù dalla sedia, cadde in ginocchio dinanzi al prelato.
— Eccellenza, gridava, creda che non ci ho colpa. Mi usi misericordia.
Monsignore rasserenò la faccia accigliata con un begnigno sorriso, e porta la sua mano a baciare a don Omobono, e rialzatolo insieme, con piglio di clemenza:
— Orsù! disse, voglio perdonarvi... non se ne parli più... nessuno saprà nulla... purchè...
Il pretoccolo comprese a volo il significato di quella reticenza eloquente.