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STORIA DELLA RELAZIONE FISCALE


nel processo


MONTI E TOGNETTI





Nel santuario della giustizia incomincia a farsi luce sui fatti orrendi che col pretesto di libertà e dell’unità italiana, bruttarono Roma di rovine e di stragi nella sera memoranda del 22 e nei giorni seguenti dell’ottobre 1867. — La rivoluzione fu vinta dalla fedeltà valorosa delle truppe del papa, e per le misure prudenti prese dal suo governo.

È provata la connivenza prestata nei moti di Roma e delle provincie, alle bande garibaldine dal governo di Firenze, che acconsenti agli ufficiali dell’esercito regolare di capitanarle nella invasione del piccolo territorio pontificio, ed a concorrere colla persona alla rivoluzione interna di Roma. La quale, già preparata dalle varie fazioni di guerra combattute nelle provincie, e fin quasi alle porte di Roma, scoppiò la sera del 22 ottobre per opera di forastieri, non ajutati dal vero popolo romano, e subito vinta e repressa dal valore delle truppe papali.

Il processo, dà piena confermazione delle cose anzidette, ma indica altresì che taluno degli onorevoli deputati al parlamento italiano, per non essere da meno dei capi invasori, suoi colleghi, Garibaldi, Acerbi e Nicotera, venne alla direzione e si pose alla testa della sommossa, che ad ogni costo volevasi suscitare in Roma, e dopo avere, d’accordo con emissari e con nuovi ed antichi felloni emigrati romani approntate armi d’ogni ragione, non si peritò di vilmente ricorrere ai tradimenti coll’apprestare mine a caserme di militari pontificii, e col dare opera che si facesse saltare in aria una delle polveriere di Castel Sant’Angelo a strage, distruzione e desolazione di Roma.

Mentre le provincie erano messe a fuoco e sangue dai perfidi invasori, Roma, che giusta i preconcetti disegni avrebbe dovuto insorgere, stavasene salda, quieta, imperturbata, pronta bensi agli eventi, fidente e stretta al