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storia succinta dell’insurrezione romana 175


Anche dal lato del Foro Romano buon numero di popolani tentò occupare il Campidoglio, salendo dalla parte di rupe Tarpea e dell’arco di Settimio Severo.

Trovarono quegli sbocchi fortemente occupati, e sebbene minacciati alle spalle dai cacciatori esteri della vicina caserma, sostennero animosi gli attacchi del nemico, che al pari dei Romani lasciò sul terreno buon numero di morti e feriti.

In piazza Colonna la fazione di guardia venne uccisa, parecchie bombe furono esplose, ma fatalmente il deposito di revolvers destinato ad armare gli insorti che dovevano attaccare il comando di piazza ed il palazzo di polizia a Monte Citorio fu scoperto e sequestrato nel momento appunto che si doveva farne la distribuzione. Non fu più possibile nemmeno impegnare il conflitto, e forti pattuglie di cavalleria e fanteria dispersero gli assembramenti facendo numerosi arresti.

Nello stesso tempo avveniva l’esplosione della mina ch’era stata sottoposta alla caserma Serristori occupata dagli zuavi pontifici. Una parte di quella caserma crollò seppellendo alcuni soldati nella ruina.

Nel giorno seguente accadeva un altro grave infortunio per la causa dell’insurrezione. I prodi fratelli Cairoli, saputo il bisogno d’armi in cui si trovavano i Romani, avevano stabilito di portare con altri cinquanta compagui un buon numero di fucili dentro le mura di Roma. Quegli animosi avevano presa posizione sui monti Parioli, nella vigna Glorio fuori di porta del Popolo, circa a due miglia di Roma, e attendevano il momento propizio per introdursi nella città, quando alle ore 4 di quel nefasto giorno 23 il loro asilo fu scoperto. La vigna Glorio venne assalita da cinquecento zuavi, che combatterono dieci contro uno, e i magnanimi compagni difendendosi eroicamente furono sopraffatti dalla forza preponderante.

Percossi dal cumulo di tanti rovesci, agitati dal sospetto che il tradimento si fosse già insinuato nelle loro file, i Romani non deposero il pensiero della resistenza. Quanti patrioti potevano sottrarsi alle prigioni accorrevano presso il comitato dicendo: «Bisogna continuare a qualunque costo.» E i Romani continuarono a protestare collo spargimento del proprio sangue contro l’abborrito governo del papa.

La sera del 23 imbruniva appena, quando a San Lorenzo e Damaso una compagnia di antiboini che traduceva un drappéllo di prigionieri romani e garibaldini venne attaccata dal popolo, in parte disarmata, e costretta a lasciare i prigionieri.

Molte altre pattuglie venivano nello stesso tempo assalite con bombe all’Orsini verso piazza di Pasquino, Santa Lucia della Chiavica, alla Trinità dei Pellegrini, ai Monti, ed in altri luoghi.

Alla caserma di Sora i soldati tumultuarono, atterriti dal sospetto che fosse minata, ed il popolo inerme che trovavasi nelle vicinanze, venne preso a fucilate. Parecchi caddero vittime, fra le quali una donna.