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storia succinta dell’insurrezione romana | 173 |
nelle vicinanze di Frosinone, nei boschi sopra Monte Fiascone, e lungo la linea dell’Appenino, mentre una squadra importante tiene la campagna presso Velletri. Nelle scaramuccie di Corese e di Mentana i pontifici hanno la peggio: le schiere dei volontari occupano Nerola, Vicovaro, Ferentino, e i loro sforzi si dirigonó verso la capitale. Menotti Garibaldi con cinquecento giovani si spinge fino a venti miglia da Roma. Gli zuavi che lo attaccano sono battuti e respinti fino a Montemaggiore, dove si fortificano. Nel giorno 13 ottobre gli stessi zuavi sono nuovamente sconfitti dalle schiere di Menotti a Montelibretti.
Nei giorni seguenti le squadre di Nicotera e di Ghirelli si congiungono a quelle di Menotti che arriva fino a sei miglia di distanza da Roma.
Così procedendo le cose degli insorti, e avvicinandosi essi alle porte della citta, il Senatore di Roma presenta al Pontefice un indirizzo con cui dodici mila cittadini romani domandano, che s’invochi l’ingresso delle truppe italiane; ma l’astuta Curia, che sapeva di poter contare sull’appoggio francese, respinge sdegnosamente la domanda dei sudditi romani. Infatti in quel giorno medesimo, 18 ottobre, l’inviato francese aveva assicurato il governo papale che non gli sarebbe mancato l’appoggio della Francia.
Nel giorno 21 di quel mese riesce a Garibaldi di lasciare Caprera e raggiungere gl’insorti; la sua presenza infonde nuovo spirito in quei valorosi, che si accingono al supremo cimento.
In tale situazione la città di Roma non può più restarsene inoperosa. Sebbene stremata delle forze liberali, per le precedenti emigrazioni, e per le continue e raddoppiate carcerazioni, sebbene soffocata dalla sterminata immigrazione cosmopolita che fece delle sue sacre mura il recinto della reazione, sebbene avviluppata nelle spire della polizia, e del clericalismo, essa sente il dovere di partecipare alla lotta, come che sia, a costo di rimanere schiacciata; e si dispone a quella insurrezione, alla quale se mancarono le armi e le fortune nou difettarono il coraggio e la costanza.
Il giorno che il comitato romano d’insurrezione aveva destinato all’azione era il 22 di ottobre, l’ora del cominciamento le 7 di sera.
Una fatalità, dalla quale ebbero principio i disastri di quella rivolta, e divenne la causa principale del rovescio totale, fu la perdita del deposito di armi e munizioni, che il comitato superando infinite difficoltà aveva adunato fuori di porta San Paolo. Quelle armi deposte nella vigna Matteini dovevano essere introdotte a forza per la porta San Paolo, al momento d’incominciare la lotta. Disgraziatamente la polizia pontificia ebbe a scoprire in tempo quel deposito, e alle ore 5 e un quarto, cioè quasi due ore prima dell’ora fissata, una colonna di pontifici composta di una compagnia di zuavi e di mezzo squadrone di gendarmi a cavallo moveva ad attaccare la vigna Matteini per impossessarsene.