Pagina:Sanvittore - i misteri del processo monti e tognetti, 1869.djvu/168


monti e tognetti 163

quella esposizione, il povero prete faceva seguire ogni parola del suo discorso da una piccola pausa, nella quale pareva che ripetesse mentalmente: mea culpa, mea culpa!

Giunto alla fine, egli si aspettava una grandine di vituperi, o per lo meno una patente di bestia in tutte le forme, come gli era avvenuto di riceverne spesso da’ suoi superiori ecclesiastici in circostanze di molto minore importanza.

Niente di tutto questo: il padre Bindi accolse con aspetto benigno, e quasi quasi con un risolino di compiacenza, la narrazione del prete; e quando questi ebbe finito:

— Bravissimo! egli disse stringendogli una mano. Vedo ch’ella ha benissimo compreso la sua missione, e l’ha eseguita precisamente in quel modo che si aspettava da lei.

Don Omobono rimase a bocca aperta.

Padre Bindi proseguì:

— Era da prevedersi che quella donna avrebbe rifiutato le nostre offerte. Eh naturalmente il mal seme delle opinioni perverse si è trasfuso da suo marito in lei. Essa vorrebbe educare i figli coi medesimi principii libertini, i quali produrrebbero per essi la rovina del corpo e la dannazione dell’anima: il male di questa vita e dell’altra. Ma noi non possiamo permettere la perdita di queste creature, non possiamo tollerare ch’esse vengano allevate con delle idee contrarie ai santi principii della Chiesa Romana. E perciò bisogna ricovrare quelle anime benedette sotto il patrocinio della Santa Chiesa. E se la madre si oppone, ebbene lo faremo anche suo malgrado: la prima madre è la Chiesa. Dunque, don Omobono, noi faremo in modo che quei piccini siano portati nel santo asilo che li aspetta e la madre, siccome bisogna pensare anche all’anima sua, sarà ricoverata anch’essa nel convento delle Carmelitane.

Quelle belle parole, proferite dal gesuita con tutta l’unzione della pietà e l’effusione della carità, volevano dire che si sarebbero strappati gli orfanelli di Monti dal seno della loro madre per farne dei monaci, e si sarebbe rinchiusa la loro madre in un convento, come in una prigione perpetua. Tali erano le benigne intenzioni del governo romano riguardo la famiglia del condannato.

— Noi dovevamo, riprese Bindi, provare colle buone maniere. Se la vedova Monti aderiva al nostro caritatevole invito, tanto meglio, allora ci avrebbe risparmiato le misure energiche alle quali, nel suo medesimo interesse, ci troviamo ora astretti di ricorrere. Ma, siccome quella donna ostinata, quella peccatrice indurita respinse la mano diretta a soccorrerla, così sarà necessario di adoprare per forza quei mezzi che devono condurre lei e i suoi figli sul cammino dell’eterna salute.

Don Omobono guardava maravigliato il reverendo padre, che seguitava: