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monti e tognetti 153

Decollato, si avviarono verso le scale. I confratelli recavano i ceri come in un funerale, e cantavano le preci dei morti.

Cosi accompagnati Monti e Tognetti scendevano lentamente le scale. A metà di quelle trovarono una immagine della Vergine, che in atto d’amore teneva il bambolo fra le braccia. In altra occasione sarebbero passati innanzi a quel quadro senza badarvi, ma nello stato dell’animo loro quella vista li commosse talmente, che entrambi si lanciarono insieme in ginocchio dinanzi all’emblema del più santo fra gli amori umani, l’amore materno.

Scesero ancora: varcarono la porta delle Carceri Nove, per entrare in una prigione più stretta e terribile: il cocchio chiuso, che doveva condurli fino a piedi della ghigliottina. Entrarono infatti ciascuno in una carrozza, insieme al gesuita confessore, e’ a due confratelli confortatori.

Grossi drappelli di dragoni e di gendarmi a cavallo scortavano le due carrozze.

Le prime file dei cavalli s’incamminarono; poi di lì poco, si mossero le vetture. E il corteo si avviò lantamente verso la piazza de’ Cerchi.

Folte pattuglie di gendarmi e di fantaccini percorrevano le strade, donde dovevano passare i condannati: facevano sgombrare la gente e chiudere le finestre.

A prolungare fino all’ultimo il tormento morale dei pazienti si faceva procedere lentissimo il convoglio: tanto che giunsero sulla Piazza de’ Cerchi dopo un’ora di cammino!

Erano le sei e mezza antimeridiane.

La piazza dei Cerchi era vuota di popolo, chè gli armati che ne occupavano gli sbocchi impedivano a chiunque l’accesso. V’era solamente disposta in quadrato la truppa degli zuavi. Secondo che il loro colonnello aveva chiesto, e il Papa accordato, essi assistevano al supplizio di Monti e Tognetti.

In mezzo al quadrato militare, si elevava un palco di legname, e sopra quello l’infame macchina della ghigliottina.

I primi raggi del sole nascente facevano scintillare il ferro massiccio dal taglio obliquo, aguzzo, lucente.

Un uomo barbuto stava ritto in piedi con una mano appoggiata a uno dei bracci della ghigliottina, quell’uomo era il carnefice. Altri due uomini erano seduti sulla scala che conduceva alla piattaforma: erano i suoi ajutanti. Essi aspettavano.

Le carrozze si fermarono presso al palco; Monti e Tognetti scesero ajutati dal confessore e dai confortatori. Le carrozze ripartirono vuote.

Monti pel primo fu condotto a piedi della scala e gli fu ordinato di salire. Uno degli ajutanti lo prese per mano, e lo trasse su.

Giunto in cima alla piattaforma, il carnefice lo fece inginocchiare, e posare il collo sul ceppo. Il ferro discese, e la testa spiccata dal busto