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monti e tognetti | 151 |
ha visto ne’ miei ultimi momenti, che io era tranquillo, perchè sicuro nella mia coscienza, e perchè confidava nella misericordia del Signore, che non manca come quella degli uomini. Le dica che fino all’ultimo ho avuta in mente la sua memoria.
— Ed io, aggiunse Tognetti, la prego di andare, dopo che io sarò morto, a consolare mia madre. Le dia lei il tremendo annunzio nel modo che saprà dettarle il cuore. L’aiuti lei a sopportare questo colpo... se pure... potrà rimanere in vita!... Mi ama tanto!... Le dica che mi perdoni tutte le amarezze che le ho cagionate, e che, piacendo a Dio, ci rivedremo nel cielo.
L’amoroso colloquio fu troncato dai gesuiti, i quali, temendo forse che i condannati si occupassero troppo delle cose di questa terra, vennero a prenderli, perchè ciascuno di essi si confessasse.
Intanto sopravvenne un canonico di Santa Maria Maggiore, il quale disse messa all’altare della cappella, e dopo la messa, essendo terminata la confessione dei due pazienti, diresse loro dall’altare un fervorino d’occasione, poi li comunicò coll’ostia consacrata.
Dopo quella, dovettero gl’infelici ascoltare altre due messe in ginocchio, recitando il rosario: nuove torture adottate dalla chiesa romana in sostituzione delle tanaglie roventi, che una volta si applicavano ai condannati prima di assoggettarli all’ultimo supplizio.
Che diavolo! la morte tutta in un colpo è cosa troppo dolce, non dura che un istante! Bisogna farne gustare l’amaro a goccia a goccia, e per questo ufficio pietoso le messe valgono un tanto più delle tanaglie. Queste coll’acutezza del dolore fisico facevano dimenticare lo strazio morale della distruzione imminente; quelle invece rinforzano più viva nell’animo la tortura del pensiero.
XXXVII
Il martirio.
Erano terminate le messe, quando entrò nella cappella il cancelliere Passerini, incaricato di ricevere il testamento dei due condannati. Quel pover’uomo di cancelliere aveva un cuore che non era assolutamente fatto per la sua carica; era tutto agitato e contrafatto in volto, e balbutiva nell’annunziare a Monti e a Tognetti il motivo della sua venuta.
— Io non ho nulla da lasciare a’ miei bambini! disse Monti, al quale le lagrime gonfiarono gli occhi a quel pensiero. Li affido alla pubblica carità.
— E voi, Tognetti?