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138 | i processi di roma |
viltà, variando norme e sistemi a seconda dei tempi, il gesuitismo ha saputo dominare sul mondo, e resiste ancora agli attacchi incessanti della filosofia, della morale e del patriottismo.
In Roma i gesuiti sono i padroni veri della situazione, e usufruiscono del pari le truppe forestiere, l’obolo di San Pietro, le credenze religiose, e le influenze politiche. Il Papa, capo apparente della chiesa e il cardinale Antonelli, che regge il governo temporale di Roma, stanno sotto il dominio dei gesuiti. L’uno e l’altro hanno per confessore un padre gesuita incaricato di dirigere le loro coscienze, cioè di conformare i loro atti, nella sfera spirituale come nella temporale, agli intendimenti del loro Generale.
Pio IX, è poi il vero Pontefice che si richiede ai gesuiti; dominato com’è dalla vanagloria, egli si appaga degli elogi, degli omaggi e delle esaltazioni, in cui essi lo avvolgono, come in una nube d’incenso. Contento di quelle innocue soddisfazioni, come il fanciullo dei suoi balocchi, non imprende nemmeno un tentativo di rivolta contro la volontà che lo soggioga e dirige in tutte le sue operazioni.
È dunque vero che il potere del Papa nero è tanto solido e reale, per quanto è vano ed illusorio quello del Papa bianco.
— Reverendissimo Padre! cominciò il cardinale Rizzi, l’ora della mia visita le dirà abbastanza che si tratta di cosa della massima urgenza.
— Ed io ringrazio vostra Eminenza della sua premura, rispose il Generale offrendo una presa di tabacco al cardinale.
— Si tratta nientemeno di un complotto, che ho scoperto questa sera alla festa di mia cognata, un complotto nel quale entra perfino un’Eminentissimo, e che ha per iscopo di salvare la vita ai due ribelli condannati a morte dal Supremo Tribunale della Sacra Consulta.
— Vogliono salvarli per mezzo della grazia șovrana! interuppe il Generale sorridendo ironicamente.
— Appunto ed io temo che vi possano riuscire. Sua Santità ha un cuore tanto angelico, che la compassione degli infelici basta a commuoverlo. Non mi farebbe meraviglia che arrivassero a voltargli la testa.
— È vero! il pericolo è abbastanza serio, e convien pensare senz’altro al rimedio.
— Per questo sono venuto subito a prevenirne vostra Riverenza.
— Ringrazio vostra Eminenza della sua premura.
— Ella troverà senza dubbio il riparo.
— Vi ho già pensato. Chi è il cardinale che si è incaricato di chiedere la grazia?
— Credo che sia l’eminentissimo Baldoni.
— Ah! Ah! capisco: è pecora segnata.
— Dunque ci pensa lei.