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128 i processi di roma


Non poteva nemmeno decidersi a passare la notte alla meglio in quel luogo. Giano era andato senza dubbio a denunziarlo; e i soldati sarebbero venuti a cercarlo senza ritardo. Si mise in braccio della provvidenza, avviandosi alla ventura per uno di quei tanti sentieri della boscaglia. Dove o condurrebbe? egli non lo sapeva ma camminava, camminava, colla speranza di allontanarsi almeno a tempo dal punto dove il traditore l’aveva lasciato.

Era forse un quarto d’ora che procedeva in quella direzione, quando si trovò sbarrata la via da un bacino d’acqua stagnante. Retrocedere, sarebbe stato un perdere tutto il frutto del cammino percorso: tentare il guado era troppo rischio e forse inutile. In quella stretta il giovane pensò di costeggiare lo stagno fino a che potesse riprendere il sentiero nella direzione di prima.

La riva di quella palude era frastagliata ad angoli che raddoppiavano il cammino. Curzio era giunto in un luogo nel quale i cespugli selvaggi riuniti a modo di siepe giungevano a toccare l’orlo dell’acqua, allorchè intese al di là di quel fogliame un rumore metallico simile a quello ch’è prodotto dal cozzo delle armi da fuoco. Certamente v’erano dei soldati nascosti fra quegli arbusti.

Retrocedè subito, e seguendo sempre la riva dello stagno, e raddoppiando il passo, continuò ad allontanarsi; a un tratto si trovò impedito il cammino da un corso d’acqua che veniva a perdersi nella palude. Con un salto vigoroso, si slanciò, e giunse a piede asciutto dall’altra parte del rivoletto.

Di là si apriva uno spazio più largo, libero dalle acque e dalla boscaglia; il fuggiasco poteva inerpicarsi sopra una piccola eminenza, che aveva di fronte, è franando giù dall’altra costa, trovare la salvezza. Ma in quella appunto che formava questo pensiero, ecco sbucare da quello stesso rilievo di terreno altri armati.

Era ormai cosa evidente: gli davano la caccia. Esso era circondato, come il cignale, intorno a cui si è formato un circolo di mute e di cacciatori.

Senz’armi, senza difesa, senza ajuto alcuno, esso era abbandonato ai nemici che si avanzavano da ogni parte. Già il cerchio si faceva più stretto, e le voci dei soldati, che si additavano fra loro il fuggitivo, giungevano fino a lui.

Che fare in quel supremo momento? Raggiunto dai soldati, avvinto, incatenato, sarebbe ricondotto a prigionia più dura, più disperata, si sarebbe di nuovo macerato in quegli sforzi impotenti, in quei desolanti pensieri di prima. Valeva meglio attirare sopra di sè il piombo di quelle carabine... e finirla! Fu con tale intendimento che Curzio simulò di volgere a impetuosa fuga dalla parte dell’acqua stagnante.

— Egli ci sfugge! gridò una voce. Fuoco!