Pagina:Sanvittore - i misteri del processo monti e tognetti, 1869.djvu/131

126 i processi di roma


— Ora, gli disse il galeotto, scendete subito per la strada per la quale io sono montato; la discesa vi riuscirà certo più facile della salita.

— E poi? chiese Curzio.

— Poi raggiungete il drappello dei forzati, e non temete. Il guardiano farà il resto.

Dunque il guardiano era d’accordo, pensò Curzio. Ma non era tempo da riflessioni. Salutò con un’occhiata più che con la voce quell’uomo misterioso; misurò collo sguardo la distanza che lo separava dal ponte mobile, scavalcò il parapetto, si aggrappò a quello colle mani, lasciò andare le gambe, cercò coi piedi un appoggio, e coi piedi e colle mani attaccandosi ai buchi della muraglia e alle rotture delle pietre diroccate, discese per l’altezza di cinque o sei metri, finchè cadde, più che non arrivasse, sul ponte. Di li senza perder tempo entrò nella finestra, per la quale si penetrava nell’interno dell’edifizio. S’incamminò per un corridojo che trovò aperto dinanzi, e in fondo a quello raggiunse il drappello dei forzati, al quale doveva unirsi. Il guardiano gli fece un segno segreto con cui gli confermò la sua connivenza.

Curzio si confuse nel branco dei galeotti, e il guardiano li avviò innanzi. Essi passarono corridoi, scalette, e baluardi, finchè giunsero nel cortile della fortezza, e di quivi passarono dalla gran porta, per ridursi alla darsena. Era cosa consueta, e nessuno vi faceva attenzione.

Quando furono giunti fuori della fortezza, si avviarono giù per una stradella vicina. In quella via il guardiano s’incontrò in un suo collega e con quello scambiò poche parole, dopo le quali gli cesse la guardia del drappello, ed egli col solo Curzio si avviò da altra parte.

È cosa consueta in Civita-Vecchia dove i galeotti sono occupati in ogni sorta di lavori, anche pei privati, il vederne un solo scortato da un guardiano volgere in una direzione qualunque.

Curzio e il guardiano passarono per molte vie, finchè si condussero all’aperta campagna. Quando furono giunti a un certo punto il guardiano fe’ cenno a Curzio di fermarsi, poi si volse indietro, si accertò che non erano spiati da nessuno, e disse:

— Seguitemi!

Presero un sentiero di traverso, camminarono senza altre parole. Passarono in mezzo una melanconica pianura, intralciata da roveti e da acque stagnanti, percorsa qua e là dalle mandre di bufali e di cavalli selvaggi; si ch’era forza ad ora ad ora ripararsi nelle staggionate1.

Il guardiano si fermava ad ogni tratto, e guardava intorno come per

  1. Così chiamano nell’agro romano quei ripari di legno, dove si sta al sicuro dalle offese dei bufali e dei cavalli sciolti.