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102 | i processi di roma |
— La parola spetta al signor procuratore generale del Fisco, disse il Presidente.
Il procurator generale si levò in piedi, salutò gli astanti, poi disse:
— Eccellentissimi e reverendissimi monsignori giudici, breve sarà il mio dire, dopo la splendida e chiara esposizione della causa, fatta da monsignor relatore. Da essa conobbero chiaramente le eccellenze vostre quali fatti risultino dal processo, a carico degli odierni accusati.
„ Riguardo a questi fatti, Giuseppe Monti ha confessato spontaneamente e limpidamente ogni cosa. Gaetano Tognetti, sebbene non abbia assolutamente confessato in ogni sua parte il misfatto, ha tenuto però nell’istrutoria del processo tale un contegno, da non lasciare dubbio alcuno sulla sua reità.
„ Da tutte le altre parti del processo, dalle rivelazioni e confidenze segrete, testimonianze, confessioni giudiziali, e stragiudiziali, dai rapporti della polizia, dagli interrogatorj e verbali, vengono i due accusati Monti e Tognetti ampiamente convinti dei delitti di lesa maestà, insurrezione, devastamento e omicidio.
„ Laonde, in applicazione degli articoli 85 e 273, del Regolamento penale, e degli articoli 3, 708, 711, 715 del Regolamento di procedura criminale, devono essere condannati alla pena di morte, da eseguirsi mediante decapitazione, nonchè alla rifusione dei danni ed interessi a chi di ragione, e alla rifusione delle spese giudiziali verso il governo pontificio.„
Il procuratore generale del fisco tacque, e si ripose a sedere.
Il presidente allora si volse al banco della difesa:
— Parli l’avvocato difensore.
L’avvocato Leoni si levò in piedi.
Esso era pallido nelle guancie, e mestamente pensoso nella fronte. E cominciò a dire così:
— Voi mi vedete, o signori, peritoso e tremante. Non è già che io non abbia fede nella innocenza degli accusati da me difesi. Oh no! Gli è che io vedo con orrore pendere la pena di morte sul capo di due uomini onesti e valorosi.
A questo punto il presidente interruppe il difensore, e soggiunse:
— Prevengo il signor difensore di attenersi nel suo discorso al rispetto dovuto alla religione, al governo, e alle leggi.
— Non mancherò a questo rispetto in alcuna maniera, rispose il difensore. E se alcune delle mie parole dovessero sembrare troppo ardenti e avventate, invoco fin d’ora il perdono del tribunale. Quello che mi anima non è altro che l’amore della giustizia, quel medesimo che deve parlare, o signori, nell’interno delle vostre coscienze. Io ho sentito il procuratore del fisco invocare una pena gravissima contro i miei difesi, la tremenda, la irreparabile pena di morte. Io ho tremato, ho inorridito,