le ombre: chè se queste, come l’esperienza c’insegna, danno tanto di risalto e di grazia alle tele dell’uno, altrettanto, come dalla stessa esperienza si rilega, ne danno quelli alle composizioni dell’altro. In un quadro la moltiplicità delle figure, qualora sieno bene distribuite, onde ciascuna d’esse occupi il proprio luogo, e’1 colorito, l’atteggiamento, l’espressione delle medesime abbiano col tutto insieme la dovuta convenienza, invece di esser d’impedimento allo spicco cbe sopra tutte debbe egli sempre fare il protagonista, servono anzi mirabilmente a conseguir con vantaggio l’inteso effetto: mentre gli occhi dell’osservatore trapassando dall’una all’altra figura, quasi per altrettanti gradini, vanno finalmente a posarsi con sempre nuovo piacere sulla figura principale, termine delle sue osservazioni. Dicasi pure altrettanto proporzionatamente quanto alla musica. In una composizione, ove molli sieno i sentimenti capaci di espressione, la moltipliche de’ medesimi, qualora vengano espressi con giudiziosa e prudente economia, nulla nuoce alla espressione del sentimento principale e dominante, che anzi, a guisa di variata corona circondandolo, serve a farlo sopra lutti gli altri maggiormente spiccare. Ecco come si possa ottenere l’unità della espressione imitativa, modificata a tenore dell’autorevol detto di Aristotile: Una quanto è possibile. Ecco come possa mettersi in pratica il surriferito precetto di Orazio: simplex dumtaxat, et unum, unito all’altro: Scribendi recte sapere est et principium et fons: